giovedì 18 giugno 2020

: Next Generation EU- Proposta di Piano di Ripresa e Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027











Al Presidente del Consiglio
Avv. Giuseppe Conte
Palazzo Chigi
Roma




Oggetto:: Next Generation EU-  Proposta di Piano di Ripresa e Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027
  



 Gentilissimo Presidente del Consiglio 


Le  scrivo  a nome del Coordinamento Italiano, che rappresenta l’Italia nel Consiglio direttivo della Lobby Europea delle Donne, in relazione al piano di ripresa della Commissione europea e alla proposta del nuovo QFP "Next Generation EU", che riteniamo essere una proposta ambiziosa, lungimirante e solidale, basata sui valori dell'UE. 

Anche se la proposta non contiene impegni chiari e forti tali da garantire la parità tra donne e uomini in linea con gli obblighi dei trattati e con la Strategia per la parità di genere recentemente adottata, che ci aspettiamo venga tuttavia contemplata nella la realizzazione della Next Generation EU, La invitiamo, tuttavia, in questa fase, a sostenere l'adozione della proposta stessa

Questo è il momento storico ideale per  garantire che la Next  Generation EU diventi un piano ambizioso tale da rafforzare il progetto europeo. 

Come Coordinamento Italiano della Lobby Europea delle Donne, seguiremo da vicino i prossimi sviluppi. Le donne sono elettrici ed  attrici importanti  di ogni  aspetto della vita e, in quanto attrici attive e consapevoli della società civile, richiederemo risposte concrete nelle fasi successive della Next Generation EU.

Le donne si aspettano che un impegno preciso nei riguardi della parità tra donne e uomini divenga la condizione “sine qua non” del futuro bilancio europeo, delle spese e dei piani di investimento.  Una recente ricerca dell'Istituto Europeo per l'Uguaglianza di Genere (EIGE) ha  messo in rilievo come meno dell'1% dei Fondi Strutturali e di investimento europei (ESIF) previsti sia stato destinato a misure incentrate sulla parità tra donne e uomini.  Ulteriori elementi probatori dell’esame dell'integrazione della dimensione di genere nel bilancio dell'UE saranno forniti l'anno prossimo, quando la Corte dei Conti europea presenterà i risultati del suo audit. 

Non abbiamo dubbi che vorrà convenire sul fatto che le donne hanno contribuito immensamente a tenere unita la società negli ultimi mesi dall'inizio della pandemia COVID-19. Le donne hanno dimostrato di essere la spina dorsale della società con il  conciliare il lavoro retribuito e non retribuito, come  anche riconosciuto nella Comunicazione adottata dalla Commissione europea.  Tuttavia, siamo costernate nel vedere che il Fondo Giustizia, Diritti e Valori è stato drasticamente ridotto dalla iniziale proposta di 947 milioni di euro a 761 milioni di euro. Ciò è in totale contraddizione con i valori della difesa dei diritti fondamentali, compresa la parità tra donne e uomini nell'UE.  Pertanto, La esortiamo cortesemente  ad affrontare questa questione con urgenza.  

L'attuale proposta sul tavolo è lungimirante e non abbiamo dubbi che le lezioni del passato serviranno per il futuro. 

Confidiamo nella Sua  attenzione alle nostre richieste e Le porgiamo cordiali saluti


                           per il Coordinamento Italiano della Lobby Europea delle Donne
                                                             La Presidente

                                           Maria Ludovica Bottarelli Tranquilli-Leali



                                            






[1] European Institute for Gender Equality, “Gender budgeting: Mainstreaming gender into the EU budget and macroeconomic policy framework”, Luxembourg: Publications Office of the European Union, 2018. https://eige.europa.eu/publications/gender-budgeting-mainstreaming-gender-eu-budget-and-macroeconomic-policy-framework















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lunedì 8 giugno 2020

Con le donne verso la Ricostruzione


Riceviamo dalle amiche di  Se non ora quando - Libere la richiesta di condividere questa necessaria petizione che condividiamo e che preghiamo di firmare e divulgare

                                       Con le donne verso la Ricostruzione
                               




Nel pieno della crisi per la pandemia, chiuse in casa per il lockdown, ci siamo rivolte all’Europa dichiarando: “vogliamo che la ricostruzione questa volta avvenga tenendo conto di esigenze e valori che sono incisi nella nostra storia ed esperienze di donne.” Molte e molti ci hanno seguito.
Ormai è arrivato il momento di decidere come affrontare la ripresa che si annuncia difficile e complessa ma anche ricca di opportunità. La storia ci ha mostrato varie volte che al chiudersi di una crisi le donne, che ne avevano sopportato in modo particolare il peso, venivano sospinte indietro, obbligate a sacrificare lo spazio pubblico in favore di quello privato. Questa volta non deve essere così e non lo permetteremo.
La separazione tra pubblico e privato si è disintegrata e bisogna fare in modo che donne e uomini li attraversino entrambi, in parità e rispetto
Vogliamo scelte coraggiose che diano il segno di una svolta: la maternità deve uscire dalla dimensione privata per entrare in quella pubblica affinché per tutte le donne sia più libera la decisione di essere o non essere madri; un sistema di welfare basato sul lavoro femminile non retribuito, e messo sotto pressione proprio dall’esplosione della crisi, impone di redistribuire il lavoro di cura tra i generi e nella società attraverso una rete di servizi ampia e funzionante.
Non si può più permettere che delle donne siano costrette a rinunciare al lavoro per mancanza di servizi alla persona, quelli ai bambini, alle persone vulnerabili e agli anziani che ancora sono assicurati dalle donne. Anche gli indubbi vantaggi dello smart work non possono oscurare il rischio di un nuovo confinamento delle donne
Vogliamo in questo passaggio crescere in modernità e innovazione con un sistema paese che guardi alla qualità della vita di donne e uomini.
L’introduzione di cambiamenti di tale portata nella organizzazione della nostra società, unitamente al varo di adeguate politiche fiscali di vantaggio, servirebbe a superare una delle principali fragilità dell’economia italiana, il sottoutilizzo del lavoro femminile, dando una spinta formidabile alla crescita.
Le nuove opportunità offerte da una politica di bilancio resa espansiva dalla necessità di contrastare la gravissima crisi indotta dalla pandemia vanno colte con tempestività. I documenti ufficiali di fonte governativa, fin qui resi pubblici, affrontano alcuni di questi temi, ma non appaiono soddisfacenti in quanto non collocano i problemi nella centralità delle politiche per la ricostruzione, né danno loro la giusta priorità.
Ora o mai più: si deve pensare in grande, come fecero le classi dirigenti nel secondo dopoguerra delineando un percorso di rinascita per tutto il paese: perché di questo si tratta, affrontare la crisi più grave da allora e superarla. In questa direzione alcune linee di intervento, anche in un’ottica di medio e lungo periodo, sembrano prioritarie:
1)      Misure strutturali di carattere economico e fiscale a favore della maternità, prevedendone l’onere a carico dello stato;
2)      Adeguamento delle scuole all'emergenza, messa in sicurezza di edifici e ambienti, adeguamento tecnologico e completamento dei processi di digitalizzazione, al fine di garantire la tempestiva riapertura delle scuole a settembre. Avvio di un piano straordinario di edilizia scolastica con particolare attenzione ai problemi del Mezzogiorno;
3)      Integrazione degli Asili nido nel sistema scolastico- educativo in attuazione della legge 0-6 (2018);
4)      Piano di investimenti nella sanità e nei servizi sociali(maggiore presenza sul territorio del SSN, assistenza e reti di servizi per le persone fragili);
5)      Piano di incentivi fiscali per l’occupazione e l’imprenditoria femminile;
6)      Congedo obbligatorio di paternità di 75 giorni in linea con la direttiva europea;
Rita Cavallari, Cristina Comencini, Licia Conte, Antonella Crescenzi, Ilenia De Bernardis, Manuela Fiorini De Rensis, Fabrizia Giuliani, Francesca Izzo, Francesca Marinaro, Donatina Persichetti, Silvia Pizzoli, Simonetta Robiony, Serena Sapegno, Cecilia Sabelli, Sara Ventroni.





venerdì 29 maggio 2020

Lettera alla Presidente della Commissione Europea : European Gender Sensitive Stimulus/Recovery plan must acknowledge women as the backbone of society : #HaffOfIt#

European Commission President
Ms Ursula von der Leyen
22  May 2020

Re: A European Gender Sensitive Stimulus/Recovery plan must acknowledge women as the backbone of society : #HaffOfIt#

Dear President of the European Commission, 
Following on from our letter of 3 April[1], the European Women’s Lobby (EWL), representing thousands of women’s organisation, from every part of the European Union (EU) and accession countries call on you to ensure that equality between women and men is at the core of your forthcoming proposals for an EU Stimulus/Recovery Plan.  We were very surprised by the absence of any reference to women in your address to the European Parliament on 13 May 2020, in which you outlined your proposals for the new MFF, own resources and the Recovery Plan[2].
Across Europe, women are sustaining our societies as they are at the forefront of the COVID-19 pandemic (see EWL’s policy brief). They are the majority of all health care workers providing care to the sick, the elderly, persons with disabilities, persons with special needs, as well as accompanying those towards a dignified death. They are also providing informal care at home during shutdown in many countries, substituting educational professionals whilst juggling their own professional responsibilities and caring for the children of those who are working to sustain all the hospital services; and without which a large number of women will be unable to return to the labour force when the pandemic is over.  
They are securing our food chains as the majority of workers in supermarkets and food outlet services. They are ensuring a safe environment for all, often at the expense of their own and their family’s health, as the majority of workers in the cleaning sector. They are accompanying, soothing and reassuring those for whom this pandemic is causing great distress: women experiencing male violence, homeless women, older women, undocumented women.  In other words, they are the backbone of our society.    
While women have always shouldered the responsibility for the work of sustaining our societies, they are the most undervalued, underpaid workers in these sectors, without which our societies and economies would simply collapse. We believe that the time has come for change by recognising the value of this work and investing in those sectors where women work: health, care, education, tourism, social entreprensurship, to name the most relevant in the current context, sectors in which women of migrant origin and low socio-economic status are also concentrated. The value of care should not be based on legal status of women and care must be valued in a way it has never been before. Not just now but especially in the post-COVID-19 period.  
The ILO[3] has estimated that on an international level, 475 million jobs would need to be created to meet future care needs in education, health and social work, and achieve the Sustainable Development Goals. In other words, the care sector has huge job creation potential. Europe needs a Care Deal to complement the Green Deal.  This must be mirrored in the forthcoming proposals for a recovery/stimulus plan and in the next seven-year Multiannual Financial Framework (MFF, 2021-2027), the EU’s own budgetary instrument.  In line with the EU’s treaty obligations rearding gender mainstreaming, we urge you to adopt gender responsive budgeting. 
Gender sensitive stimulus /recovery plan is an effective policy strategy towards overall economic policy objectives of jobs creation and inclusiveness.  Given the labour intensity of the care sectors and hence the higher jobs generation capacity compared to other sectoral spending such as physical infrastructure and construction.

Investments are not gender neutral.  Failure to consider the gendered impact of public policies and public investments can actually have the unintended consequence of contributing to increasing gender inequality.  

You now have the opportunity to ensure that your commitment to equality between women and men is implemented, as you highlighted  in your address to the European Parliament in November 2019[4], and in the recent adoption of the Gender Equality Strategy (March 2020). 
Sending a positive signal for a Gender sensitive European Recovery/Stimulus Plan that recognises the different impact on women and men and places equality between women and men at the core, in accordance with the EU treaty obligations, would boost trust in the European project. 
We trust you will give your utmost attention to our call. 
Yours sincerely,

List of signatories:
EWL members: national coordinations and European-wide organisation 


Le donne non devono pagare il prezzo del COVID-19 !

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                     Le donne non devono pagare il prezzo del COVID-19 !

    Mettere la parità tra donne e uomini al centro della risposta al COVID-19 in tutta


                                                                   Europa1

Nel contesto globale della pandemia COVID-19, la Lobby Europea delle Donne (EWL), la più grande organizzazione ombrello della società civile femminile in Europa che rappresenta più di 2.000 associazioni femminili, riferisce sulla terribile situazione di donne e di ragazze che in questo momento, affrontano rischi sempre più gravi di violenza maschile, povertà e minacce alla loro indipendenza economica. Nonostante ciò e nel cuore di questa crisi, donne e organizzazioni femminili sono in prima linea nella erogazione di servizi essenziali. La EWL prova meraviglia, ammirazione e gratitudine per i livelli di impegno della comunità e di solidarietà collettiva, giacché le donne costituiscono la maggioranza degli operatori sanitari, assistenziali e sociali.
Questa crisi ci ricorda che la cura è la spina dorsale della nostra società. Dopo anni di austerità e di tagli alle infrastrutture sociali e sanitarie, questa crisi è un doloroso campanello d'allarme; la nostra società e la nostra economia si sono orientate nella direzione sbagliata ed è giunto il momento di ripensare le nostre priorità sociali, economiche e politiche. I piani per la riprogettazione e il rinnovamento dei nostri sistemi nel dopo COVID-19 devono fondarsi su valori condivisi di solidarietà e di cura.
La EWL , attraverso questo briefing politico, chiede il riconoscimento del contributo sottovalutato, e spesso invisibile, delle donne, e chiede che l'UE e le risposte nazionali a questa crisi sanitaria non le trascurino. In linea con la Strategia Quinquennale della Commissione Europea per la Parità di Genere, questo documento ribadisce l'urgente necessità di garantire che l'integrazione della dimensione di genere sia al centro di tutte le risposte nazionali e propone una serie di raccomandazioni sia per l’immediato che per il medio e lungo termine alla Commissione Europea e agli Stati membri dell'UE. Queste raccomandazioni si fondano sulla necessità di sostenere i principi democratici, di lottare contro la violenza maschile contro le donne, di realizzare una economia femminista della cura ed un sistema sanitario forte e paritario.
Promuovere l'uguaglianza ed i principi democratici
Alla luce di questa crisi, a molti Paesi dell'Unione Europea sono stati concessi poteri speciali per affrontare le urgenti necessità di ordine sanitario e socioeconomico, eppure, pur plaudendo alle risposte dei governi ed alle misure di emergenza introdotte, dobbiamo comunque mantenerci vigili. I nostri sistemi democratici potrebbero diventare fragili senza rigorosi meccanismi di controllo democratico e di garanzia della trasparenza.
La EWL sollecita i governi a garantire che queste misure siano fissate entro i margini di questa crisi con una chiara data di scadenza. I piani di ripresa degli Stati membri dell'UE devono includere meccanismi di mainstreaming di genere e l'uso di dati disaggregati per sesso per l'intero processo. La società civile femminile, essenziale per la produzione di servizi su misura, deve essere totalmente finanziata e consultata a tutti i livelli decisionali.
1Per la versione completa del document politico cliccare su: https://womenlobby.org/IMG/pdf/ewl_policy_brief_on_covid- 19_impact_on_women_and_girls-2.pdf

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1 | Mettere la parità tra donne e uomini al centro della risposta al COVID-19 in tutta Europa1| Sintesi



Nel lungo periodo, il bilancio a lungo termine dell'UE deve garantire che donne e ragazze non debbano mai più sostenere il peso dell'austerità.
Affrontare l'ondata di violenza maschile nei riguardi di donne e ragazze è una vera e propria questione di emergenza
Mentre la violenza degli uomini contro le donne è un problema sistemico a lungo termine in tutta Europa, le misure di confinamento e di isolamento creano un ambiente favorevole al controllo coercitivo delle vittime da parte dei maltrattatori e portano ad un maggior numero di episodi di violenza fisica, psicologica e sessuale. Dati e testimonianze indicano un aumento dei casi di violenza maschile contro donne e ragazze in tutta l’Europa.
L'EWL chiede che le forze dell'ordine siano particolarmente attente all'identificazione precoce delle donne vittime, e che allo stesso tempo, i sistemi giudiziari garantiscono alle donne un accesso continuo alla giustizia e la prevenzione di una nuova vittimizzazione. Tutti gli Stati membri dell'UE devono garantire la disponibilità di servizi sanitari, finanziari e di protezione, compreso un aumento nei finanziamenti in favore dei centri di accoglienza per donne e ragazze vittime di violenza maschile, per donne senza fissa dimora e per donne richiedenti asilo. Tale realtà ribadisce la necessità di un'azione concertata da parte dell'UE contro questa diffusa violazione dei diritti delle donne ed il fatto che tutti gli Stati membri dell'UE ratifichino ed implementino urgentemente la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, la Convenzione di Istanbul.
Realizzare un’economia femminista e passare aa un'economia della cura
Un recente studio dell'Istituto Europeo per l'Uguaglianza di Genere mostra che le donne rappresentano la maggioranza dei lavoratori in prima linea, nell'attuale crisi, con l'82% tra i cassieri, il 93% degli assistenti all'infanzia e degli insegnanti, il 95%2 degli addetti alle pulizie domestiche ed aiutanti, e l'86% degli addetti all'assistenza personale . Assistenza femminile retribuita e non retribuita. Il lavoro è ciò che permette alla società di funzionare, eppure le donne continuano a costituire la maggior parte di coloro che svolgono lavori precari, sottopagati e spesso invisibili, che non hanno accesso alla protezione sociale. Con questa crisi, le donne si trovano ad affrontare un maggiore rischio di perdere il lavoro, di trovarsi in povertà e le conseguenze delle misure di austerità, mentre altre trovano un equilibrio tra l'occupazione e i ruoli di cura tradizionalmente femminilizzati di bambini e familiari malati o anziani.
Si deve fornire un sostegno sociale e finanziario che risponda alle specificità di genere, in particolare alle donne con lavori precari e indipendentemente dal loro status giuridico, mentre l'attuale bilancio dell'UE deve, inoltre, ridistribuire i Fondi di Coesione per compensare le eventuali conseguenze socioeconomiche, sanitarie e ambientali della crisi
L'Europa deve cogliere questa opportunità per ripensare ciò che è essenziale e " prezioso " per la società e l'economia, investendo in un Accordo sulla Cura per l’Europa (Care Deal for Europe, come stabilito nel nostro Patto Viola), che affronti il problema delle condizioni del lavoro di scarsa qualità nei settori della sanità e dell'assistenza, creando al contempo nuove opportunità di lavoro e colmando i divari di genere in materia di cura, retribuzione, pensioni e povertà.
Assicurare che la salute sia una priorità al centro di tutte le risposte delle nostre società
I nostri operatori sanitari - il 76% dei quali sono donne - sono i più a rischio di infezione. Le donne, più in generale, sono esposte a rischi significativi per la loro salute, poiché partoriscono da sole, hanno un accesso ridotto ai servizi di contraccezione e di aborto d'urgenza. Le donne più anziane sono le più a rischio di COVID-19, in particolare quelle di età superiore agli 80 anni, con condizioni di salute precarie o che risiedono in case di cura. All'EWL, il nostro pensiero va a coloro che sono troppo spesso lasciati ai margini della società: le donne e le ragazze disabili, donne anziane,
https://eige.europa.eu/covid-19-and-gender-equality/frontline-workers


2 | Mettere la parità tra donne e uomini al centro della risposta al COVID-19 in tutta Europa1| Sintesi


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donne e ragazze richiedenti asilo, donne e ragazze Rom, donne con condizioni di salute precarie, donne vittime della prostituzione.
E’ innegabile la necessità di solide infrastrutture sanitarie e di cura assieme ad un supporto sufficiente. Tutti gli Stati membri dell'UE devono riconoscere immediatamente la salute sessuale e riproduttiva con i diritti delle donne ad essa collegati, come servizio sanitario essenziale, nonché l'accesso al servizio sanitario regolamentato deve essere reso sicuro e disponibile ad ogni donna, sulla base dei principi della non discriminazione. Un maggiore sostegno finanziario e la parità di accesso ai servizi di protezione sociale devono essere messi a disposizione di tutti i lavoratori in prima linea e dei servizi essenziali, indipendentemente dal loro status di migranti.
Raccomandazioni per la solidarietà, la cura e la trasformazione
La EWL invita l'UE e i suoi Stati membri a intraprendere azioni immediate e a lungo termine per garantire che tutte le donne e le ragazze in Europa:
  • siano incluse nei processi decisionali riguardanti tutte le risposte alla crisi e nei Piani europei per la riprogettazione e il rinnovamento dei nostri sistemi, in consultazione con le organizzazioni della società civile femminile;
  • ricevano soluzioni di emergenza su misura che includano le prospettive delle donne, attingano a dati disaggregati in base al sesso e indichino una chiara data di scadenza per le eventuali restrizioni ai diritti umani delle donne;
  • possano accedere a servizi e meccanismi di protezione integralmente finanziati e funzionanti che supportino tutte le donne vittime di violenza maschile, con misure a lungo termine in linea con la Convenzione di Istanbul;
  • abbiano la possibilità di accedere a servizi finanziari, sociali e sanitari adeguati e su misura in caso di situazioni di precarietà;
  • abbiano accesso a servizi che danno priorità alla salute e al benessere e nei quali possano veder riconosciuti in pieno i loro diritti sessuali e riproduttivi;
  • abbiano riconosciuto il loro inestimabile contributo alla società e all'economia attraverso l'adozione
  • e il finanziamento integrale di un Accordo sulla Cura per l'Europa.
    È giunto il momento di cambiare drasticamente il nostro modello e di ripensare il nostro sistema attuale in modo da porre l'uguaglianza tra donne e uomini al centro dell'attenzione.
    3 | Mettere la parità tra donne e uomini al centro della risposta al COVID-19 in tutta Europa1| Sintesi
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venerdì 22 maggio 2020

#halfofit Petizione


#halfofit Chiediamo la metà dei fondi anti-crisi COVID-19 per le donne

Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione, Commissione europea, Consiglio europeo, Parlamento europeo
Questa petizione è gestita da Alexandra Geese, Membro del Parlamento Europeo, Verde/EFA

Testo della petizione

Chiediamo alla Commissione europea e al Consiglio europeo di rispettare l'articolo 23 della Carta europea dei diritti fondamentali. Si afferma che "la parità tra donne e uomini deve essere garantita in tutti i settori, compreso l'impiego, il lavoro e la retribuzione". Chiediamo che garantiscano che almeno la metà del Fondo per la ripresa e la ricostruzione sia spesa per l'occupazione e la promozione dei diritti delle donne, nonché per la parità tra i sessi. Ciò dovrebbe essere in linea con la strategia per l'uguaglianza di genere della Commissione europea adottata nel marzo 2020.
Chiediamo pertanto i seguenti punti:
  • Valutazione dell'impatto di genere e bilancio di genere per tutti i fondi spesi nell'ambito dello strumento per la ripresa economica e il contenimento dei costi
  • Investire nel lavoro di cura, nello sviluppo di servizi di assistenza all'infanzia e di scuole che consentano a tutti i genitori di mantenere un lavoro retribuito e un sano equilibrio di vita.
  • Sviluppare i servizi di assistenza dal punto di vista del ciclo di vita: un Care Deal for Europe e un progetto europeo sulle statistiche disaggregate per genere sul lavoro non retribuito e retribuito come base per un nuovo calcolo del PIL
  • obblighi per le aziende che ricevono aiuti o sovvenzioni statali nell'ambito del Recovery and Burden Sharing Scheme di documentare che questi fondi vanno a beneficio dei dipendenti di tutti i generi in egual misura; e in particolare di quelli con una bassa percentuale di dipendenti e dirigenti di sesso femminile di assumere e promuovere le donne a livello dirigenziale, rispettando le quote minime
  • Un fondo speciale per le imprese di proprietà delle donne

Perché è importante?

La crisi del coronavirus ha colpito duramente tutta l'Europa. Ma il suo impatto economico ha colpito le donne più duramente degli uomini. Mentre all'inizio della crisi il lavoro delle donne negli ospedali, nelle strutture per l'infanzia e nei supermercati è stato applaudito sui balconi e ringraziato pubblicamente, le donne sono ancora drammaticamente sottopagate e stanno perdendo il lavoro molto più velocemente degli uomini. Molti di loro lavorano in "settori orientati al cliente" - turismo, eventi, alberghi, ristoranti, commercio al dettaglio, varie forme di terapia e molti altri settori che sono stati particolarmente colpiti dalla crisi. Già a marzo il numero di donne che hanno perso il lavoro è quasi cinque volte superiore a quello degli uomini. Inoltre, le donne svolgono la maggior parte del lavoro non retribuito aggiuntivo causato da scuole chiuse, strutture di assistenza all'infanzia, familiari malati e mense chiuse. In Germania è stato calcolato che i genitori insegnano ai loro figli tre ore al giorno a casa.
Nell'82% dei casi, per "genitori" si intendono le madri.
 
A causa di questo carico di lavoro supplementare in casa, le donne non hanno quasi mai il tempo di partecipare al dibattito pubblico. Un articolo su Nature e alcuni primi studi sulla produzione accademica durante la sospensione del COVID mostrano che durante la crisi della corona, durante la sospensione del COVID, le donne accademiche hanno presentato alle riviste scientifiche solo la metà dei lavori di ricerca rispetto al 2019, mentre i loro colleghi maschi hanno aumentato la loro produzione. Le donne hanno meno tempo che mai per investire nella loro carriera - mentre l'aumento della disoccupazione lascia alle aziende un'ampia scelta di uomini. Ciò renderà ancora più difficile per le donne salire a livelli decisionali più elevati.
La crisi della Corona minaccia di diventare una crisi enorme per il reddito delle donne, il loro reddito di tutta la vita, le pensioni, la partecipazione generale e il potere nella società.  Ora è il momento di trasformare questo momento in un'opportunità per promuovere la parità tra i sessi.
Sosteniamo l'iniziativa franco-tedesca per il previsto fondo di ricostruzione dell'UE e le auguriamo un ampio sostegno.
La Commissione Europea e il Consiglio Europeo stanno sviluppando uno "Strumento per la ripresa e la resilienza", un piano di investimenti da 500 miliardi di euro per rilanciare e modernizzare l'economia, con una priorità sul cambiamento digitale e verde. Essa plasmerà il futuro dell'Europa.  Mentre la lotta al cambiamento climatico e l'avvio di un cambiamento verde e digitale è una priorità assoluta che condividiamo, è noto che il settore digitale ed energetico è dominato dagli uomini. Senza misure aggiuntive, questo strumento di sviluppo economico non fornirà posti di lavoro alle donne che li perdono, ma agli uomini. C'è il rischio che questo comporti una ridistribuzione dei posti di lavoro e dei redditi trasferiti dalle donne agli uomini, rendendolo uno strumento che aumenterà l'impoverimento delle donne e che sarà utilizzato dai contribuenti europei.

sabato 2 maggio 2020

Flash mob 2 maggio 2020 " #datecivoce "


Il Coordinamento Italiano della Lobby Europea delle Donne e la Presidente Maria Ludovica Bottarelli aderiscono al flash mob del 2 maggio 2020 " #datecivoce", ribadendo :che non vi è democrazia compiuta senza pari rappresentanza



venerdì 10 aprile 2020

La prospettiva femminista e globale sulla pandemia: che “normalità” dobbiamo aspettarci una volta finita la crisi?


Pubblichiamo questa interessante analisi elaborata dal Network Europeo delle Donne Migranti (ENOMW), membro della EWL.

In mezzo al vortice degli eventi della pandemia del Covid-19 e delle misure adottate dagli stati per prevenire la sua diffusione, noi di European Network of Migrant Women vogliamo offrire un’analisi di alcuni aspetti di questa crisi, da un punto di vista femminista e globale. 

Donne richiedenti asilo nel mezzo dell’epidemia 

All’inizio dello scoppio della pandemia, il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDPC – European Centre for Disease Prevention and Control) ha pubblicato un elenco di misure “per aiutare a combattere il COVID-19”. In pratica, nessuna di queste misure può essere applicata nel contesto dell’accoglienza, dove si trova la maggior parte dei rifugiati, al momento. La disinfezione frequente delle mani, una procedura molto semplice, è impossibile da porsi in essere nelle strutture di accoglienza per rifugiati, dal momento che la maggioranza non dispone di sufficiente acqua pulita, sapone o servizi igienici. L’ECDPC consiglia “di rimanere a casa o in una dimora designata, in una stanza singola riservata e adeguatamente ventilata e preferibilmente  con un bagno personale”, “evitando assembramenti”, “praticando il distanziamento sociale”, misure queste che sono impossibili da mantenere, dato che i rifugiati sono nella maggior parte dei casi stipati in stanze al di sopra della loro capienza. Anche, l’avere abbastanza generi alimentari per “2-4 settimane” non è fattibile per loro, poiché non hanno le risorse economiche per comprare le provviste, i luoghi dove comprarle e lo spazio per immagazzinarle. Non sono, nemmeno, in grado di “attivare la propria rete sociale”, i cui componenti potrebbero essere morti, scomparsi o in un altro paese.

Le diverse iniziative della società civile e della Commissione LIBE del Parlamento Europeo, hanno immediatamente, evidenziato la ‘dimensione dei rifugiati e dei migranti’ nell’ambito della pandemia. Tuttavia, per quanto possa essere terribile per ogni rifugiato in queste circostanze, le donne – che siano quelle intrappolate al confine grecoturco, quelle sotto la ‘direct provision’ in Irlanda o quelle in un ‘hotspot’ in Italia – si trovano in una situazione di gran lunga peggiore di quanto noi potremmo immaginare. Già il non avere spazi sicuri e per sole donne che le consentirebbero di poter badare alle loro necessità primarie lontano dagli sguardi maschili e dalle molestie, senza alcuna privacy per potersi cambiare l’assorbente, allattare i loro figli o fare una doccia – soggette comunque a una violenza continua da parte degli uomini, che include stupri o matrimoni forzati – le donne saranno anche quelle che dovranno sostenere il peso della cura dei malati, alleviando il rischio di infezioni e interponendosi tra i nuovi conflitti e la violenza maschile che inevitabilmente scoppieranno nel mezzo della crisi.

 Le donne anziane 

“ Le segnalazioni di persone anziane abbandonate in case di cura o di corpi in decomposizione trovati in case di riposo sono allarmanti. E’ inaccettabile.” Ha detto Rosa Kornfeld-Matte, l’Esperta Indipendente delle Nazioni Unite in materia di diritti umani delle persone anziane. Per segnalazioni si intendono quelle provenienti dall’Europa. 

Abbiamo tutti già sentito che “sono SOLTANTO i più anziani ad essere a rischio”, “SOLTANTO coloro che hanno più di 70 anni rischiano di più”, quindi certamente molti sono morti, “MA molti di loro erano vecchi”. 

Tutte queste affermazioni hanno messo in luce una sconcertante, tuttavia non sorprendente, noncuranza nei riguardi delle persone anziane. Nella vecchia, seppur fissata con la giovinezza, società che costituisce, oggi, l’Europa, ove ogni cosa, dai media al movimento femminista. rende di moda ‘il giovane’, e dove la stessa gioventù è stata presa di mira dalle dottrine liberali della libera scelta e dell’autodeterminazione individualistica, in questa emergenza pandemica i più anziani hanno iniziato a rappresentare ‘il non voluto’, al meglio, e ‘l’usa e getta’, nei casi peggiori. Se sono state poste in essere alcune iniziative, come gli orari per fare la spesa e la consegna di pacchi cibo a domicilio per i più anziani e i più vulnerabili, si è trattato, comunque, di misure extra in un contesto ‘in cui il più forte sopravvive”. Tale contesto si rivolge unicamente a chi è in forma, in grado di muoversi e al ricco che fa compulsivamente la spesa, come anche a chi irresponsabilmente esce di casa, ancorché, rassicurato dal messaggio “sono SOLTANTO i più anziani che verranno uccisi dal Covid-19”.

Gli “anziani” sono una categoria astratta in realtà, soprattutto in un’Unione Europea che considera “giovani” coloro che sono sotto la soglia dei 35 anni. Le donne vivono più a lungo degli uomini, almeno in Europa, rappresentando il 55% della popolazione ultra sessantenne, il 64% del gruppo degli ultra ottantenni e l’82% di quello dei centenari. Queste donne possono anche sopravvivere agli uomini, ma sono tra le più povere, con malattie croniche e spesso vivono da sole, essendosi prese cura dei mariti o dei familiari deceduti. Possiamo allora assumere che sono queste donne che devono essere lasciate morire, quando i medici si trovano a dover dare la priorità a pazienti con migliori possibilità di sopravvivenza o che hanno familiari in grado di prendersi cura di loro, una volta fuori dall’ospedale?

La pandemia della violenza maschile

 Se dobbiamo apprendere qualcosa dalla storia è che nei momenti di crisi – di qualsiasi tipo – ciò che scoppia immediatamente dopo, è la violenza maschile. Nelle società moderne dove la schiacciante maggioranza delle sparatorie e della violenza ad opera di gang viene commessa da uomini, dobbiamo sapere che tale pandemia potrà dare inizio a un’ondata di violenza commessa da uomini incapaci di rapportarsi con le conseguenze psicologiche, finanziarie e sociali della crisi stessa- Coloro fra noi che hanno esperienza di lavoro nelle zone di conflitto e nella aree colpite da calamità naturali, sanno troppo bene che il collasso delle strutture sociali stabili può scatenare la violenza maschile, solo apparentemente non é collegata a questo collasso. Il primo bersaglio di questa forza 2 violenta sono le donne.

Dal lavoro sulle migrazioni sappiamo anche che le donne si adattano più velocemente alle circostanze in mutamento, mostrano maggiore resilienza e flessibilità e sono maggiormente preparate psicologicamente alla perdita dello status e delle entrate economiche. Dopotutto, molte di noi hanno imparato ad accettare fin dall’infanzia la propria condizione di genere di “serie b”. Al contrario, gli uomini non sono capaci di gestire la perdita di controllo, rigetto o instabilità finanziaria. Le statistiche dei suicidi delle persone di sesso maschile a livello globale, se confrontate a quelle delle persone di sesso femminile, ci dicono esattamente questo. In un tempo di crisi sanitaria come questa, con le sue conseguenze psicologiche su scala di massa, la proporzione di inettitudine degli uomini a gestire tali conseguenze diventa anch’essa su scala di massa. Mentre molti uomini e donne sono rinchiusi a casa e il rischio di violenza maschile è reale, il rischio di reazioni alla crisi di carattere maschilista, su larga scala, diventa anche esso reale.

Molti gruppi femministi, come anche la Commissione GREVIO e il Rappresentante Speciale sulla Violenza Contro le Donne delle Nazioni Unite, hanno già sollevato l’attenzione sui pericoli che l’isolamento rappresenta per le donne. Le mura domestiche sono il luogo dove è più facile essere soggette a violenza sessuale, ad essere picchiate ed uccise, dagli uomini. Considerando questo fatto statistico, ogni misura che consiglia, o pretende, che le donne stiano a casa, diventa di per sé problematica. La scelta brutale tra il contenere la nuova epidemia di Covid-19 e la vecchia pandemia della violenza interpersonale degli uomini è chiara: se tu sei una donna, in tempi di crisi sanitaria pubblica, puoi benissimo farti pestare a casa tua.

 Dire ciò non è proprio un’esagerazione: in Cina, le ONG contro la violenza domestica hanno riportato che i casi di abuso all’interno del contesto familiare sono lievitati durante l’isolamento. Con il 90% delle cause correlate all’epidemia mentre il supporto per le sopravvissute diminuiva. La situazione si riflette in Europa, dove in paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna il numero delle donne vittime di violenza che cercano e non trovano supporto è alle stelle. Il 28 marzo, il Regno Unito ha riportato il suo primo femminicidio da coronavirus, commesso da un uomo su sua moglie che era in autoisolamento con lui. In questa situazione, le donne migranti, vittime di violenza in particolare, non avranno alcun rifugio dove andare, dal momento che molte di loro devono ancora superare molte barriere per accedere alla giustizia, con la paura di perdere la loro condizione giuridica. A meno che non venga reso esplicito che i loro diritti non saranno revocati qualora denuncino gli autori delle violenze, le donne migranti continueranno a stare con le persone che le abusano, situazione questa in cui il rischio di venire assassinate è più alto rispetto a quello di morire per il virus. Altre, potrebbero vedersi costrette a scegliere un percorso attraverso il quale finiscono per essere criminalizzate, diventando preda della rete del crimine organizzato o di malnutrizione e di contagio. Mentre, alcuni Stati in Europa stanno provando ad assicurare ai loro residenti, indipendentemente dal loro status giuridico, l’accesso al sistema sanitario, a quello della protezione sociale e ad una compensazione economica, molti altri, non mostrano le stesse intenzioni. Al contrario, alcuni stanno considerando di tagliare fuori i migranti dal supporto sanitario. usando la pretesa razzista che sono stati i migranti ad aver portato il ‘virus straniero”.

Donne nei settori della cura e del lavoro domestico

 Molti lavori di cura, assistenza infermieristica e pulizia – i lavori sottovalutati e privi di risorse che per primi saranno colpiti dalle misure di austerity – sono eseguiti dalle donne. Queste donne sono ora applaudite dalle finestre e a buon diritto, dai cittadini rinchiusi nei loro appartamenti. Ma le lodi simboliche degli applausi non potranno cambiare la realtà materiale di queste donne, poiché l’Europa continua ad importare mano d’opera a basso costo, costituita in gran parte da migranti provenienti sia da fuori che dall’interno dell’Unione Europea.

Con o senza la pandemia, queste donne sono costrette a lavorare per lunghe ore in condizioni precarie e non potranno, ora, rimanere a casa a prendersi cura di se stesse. Invece, andranno a lavorare per prendersi cura di altri, dal momento che costituiscono la spina dorsale del sistema e, senza il loro apporto, il sistema si sgretolerebbe.

 Molto è stato già detto dalle femministe riguardo la crisi del lavoro di assistenza che questa pandemia ha messo in evidenza, ma questa crisi è ancor più profonda per quelle donne che non godono di protezioni giuridiche in questo settore. All’inizio di questa crisi, in Spagna, le associazioni delle lavoratrici nell’ambito della cura e del lavoro domestico hanno denunciato la situazione delle lavoratrici conviventi, i cui datori di lavoro avevano proibito di lasciare la casa dove lavorano. A differenza di altri lavoratori, queste non hanno diritto all’assicurazione; le loro condizioni di lavoro sono esenti da visite ispettive; non ricevono alcuna pensione. Non possono nemmeno cambiare in modalità telelavoro. Poco dopo, il Governo spagnolo ha annunciato misure economiche per aiutare la popolazione affetta dal coronavirus. Tuttavia, non c’era nessuna misura chiara per i bisogni delle più di 630,000 lavoratrici domestiche che attualmente sono in Spagna, molte delle quali irregolari o che lavorano nella c.d. economia del ‘lavoro nero’. Tranne pochissime eccezioni, la maggior parte degli Stati europei mancano di fare riferimento su come aiuteranno le centinaia di migliaia di lavoratrici domestiche, lasciate senza risorse economiche, nei loro pacchetti di misure a supporto dell’emergenza. Queste donne, insieme ad altre persone in situazioni di irregolarità amministrativa, sono ora a rischio di essere spinte verso derive pericolose e di sfruttamento, tra cui, si può includere sia quello a carattere sessuale che quello lavorativo in condizioni non protette e di abuso.

Donne nei settori della prostituzione e della pornografia

 Ora, è arrivato il momento di comprendere la realtà della prostituzione, qualora non l’avessimo ancora compresa. Le donne che fanno parte di questo sistema si trovano a gravissimo rischio di essere attaccate, sia dal virus stesso che da tutte le conseguenze legate al loro stesso genere di appartenenza, dovute alla gestione del loro business. Per il sistema della prostituzione, implementare il “distanziamento sociale” significa letteralmente “la fine degli affari”, ma come si manifesta in pratica?

Le donne che lavorano nel settore della prostituzione entrano in contatto con un alto numero di uomini, ciascuno dei quali potrebbe essere un portatore del virus, e, molti dei quali forzano le donne ad atti sessuali non protetti. Un esempio illustrativo di come le donne nel settore del sesso siano state messe in guardia ad usare misure di protezione è una nota pubblicata da AMMAR, il sindacato argentino delle lavoratrici del sesso, che invita le donne a lavarsi le mani per più di venti secondi ed a rifiutare uomini che avessero viaggiato di recente o che ne presentassero i sintomi. Se la prostituzione fosse un servizio, a queste donne verrebbe offerta una protezione igienica completa, comprese mascherine, gel, guanti e nessun cliente potrebbe avvicinarsi a più di un metro.

 Le cc.dd misure sanitarie consigliate dall’industria mascherano una realtà in cui il rischio maggiore, non è la mancanza di gel sanitizzante, ma il compratore stesso con la sua arroganza di voler essere sessualmente soddisfatto ad ogni costo e la continuità della violenza maschile che si porta assieme, per quelle donne che la devono subire . Il togliere il diritto alle donne a dire di no è alla radice di questa continuità.

Al contrario, gli Stati hanno adottato approcci differenti. La Germania, l’Olanda e la Svizzera – paesi con il maggior numero di prostituzione sul mercato europeo – hanno chiuso i bordelli e hanno imposto multe per le violazioni a tale regola. In confronto a quelle attiviste femministe che, per decenni, hanno argomentato che la soddisfazione sessuale non è una necessità umana vitale, il Covid-19 è riuscito ad ottenere ciò in una manciata di giorni. Anche gli stessi Stati più in favore regolamentazione sono stati chiari: gli uomini possono fare a meno di un’industria che soddisfa i loro “bisogni”.

 Ciononostante, niente è così semplice in un attuale sistema globalizzato di sfruttamento sessuale. Come è il caso di qualsiasi mercato della prostituzione in Europa, esso è per la maggior parte gli composto da donne migranti – sia da fuori che dall’interno dell’UE – le quali ne fanno parte sia per costrizione che per mancanza di risorse economiche. Molte di loro sono controllate dagli sfruttatori, a distanza o a vista; la schiacciante maggioranza, persino negli Stati in cui la prostituzione è regolamentata, non sono registrate come “lavoratrici”, e, in quanto non tali, non hanno accesso al sistema sanitario o all’assistenza, alla previdenza sociale o agli ammortizzatori sociali. Con la chiusura delle attività, queste donne hanno tutto da perdere, a meno che lo Stato non provveda immediatamente e nel lungo periodo a supportarle nel non continuare a prendere “decisioni” ancor più pericolose di quelle che hanno già preso. Se non si ritengono responsabili gli sfruttatori ed i clienti di spingere, forzare e sfruttare le donne nella prostituzione, e, senza assistenza materiale alle donne per consentire di uscirne, i divieti a tappeto relativi al mercato del sesso, danneggeranno inevitabilmente ,coloro che ne sono già vittime.

A peggiorare le cose, come effetto collaterale della chiusura fisica dei bordelli, c’è stato un aumento del mercato pornografico che in maniera decisa ha colto l’occasione di capitalizzare la miseria delle donne. PornHub – il maggiore serbatoio online di abusi sessuali sulle donne registrate, che al momento sta affrontando serie accuse per traffico di esseri umani – ha lanciato un’offerta “filantropica” diretta agli uomini – un aggiornamento gratuito dei servizi premium di PurnHub. Come molti servizi che sono passati alla modalità online, nel contesto della prostituzione, questo implica che le donne che dovevano avere a che fare con uomini abusivi nei bordelli reali, dovranno ora interagire con loro in quelli virtuali. E dal moment che, i clienti chiusi a casa probabilmente non cambieranno i loro comportamenti – e tra l’altro, l’impatto psicologico dell’isolamento rischia di peggiorarli - sarà necessaria una fornitura doppia di donne per soddisfare tale domanda. Queste donne verranno dai contesti più disagiati – saranno madri sole,  disoccupate, studentesse senza entrate economiche, donne migranti e rifugiate.

La salute delle donne e la riscoperta del sesso

 E’ stato stabilito ormai che il Covid-19 uccide più uomini che donne. Alcuni dicono che la cosa è collegata al nostro sistema immunitario, agli ormoni femminili e ad uno stile di vita più sano rispetto a quello maschile. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di “un vantaggio biologico intrinseco del genere femminile”, mentre, alcuni altri scienziati affermano che “le donne hanno un vantaggio immunologico sugli uomini” dovuto al doppio cromosoma X. Tuttavia, non esistono ancora risposte chiare. A sottolineare questa incertezza sta il fatto che i nostri sistemi – non solo quelli relativi alla salute, ma ogni tipo di sistema – non posseggono dati disaggregati in base al genere, non affrontando le distinte necessità dei due gruppi cioè di donne e di uomini, questi ultimi sono visti come la regola. Caroline Criado Perez l’ha detto chiaramente in un suo recente libro “Invisible Women: Exposing Data Bias in a World Designed for Men “ (Donne invisibili: esponendo il pregiudizio nei dati in un mondo pensato per gli uomini). A rendere le cose peggiori, in una situazione di scarsità di dati sulle donne, l’attuale concetto di “genere”, ora in voga, ha sostituito quello di “sesso biologico”, trasformando, di conseguenza, un immutabile caratteristica umana in una questione di “identità”. Ma i nostri corpi sessuati non possono essere ridotti a un’identificazione personale e questa crisi globale ha evidenziato questa verità inoffensiva. Sotto la pressione del Covid-19, alcune cliniche hanno finalmente ammesso che la surroga – un meccanismo riproduttivo a cui solo le donne sono soggette – ha un grave impatto dannoso sulla salute, poiché “alle donne surrogate” vengono iniettati farmaci immunosoppressivi che le rendono incapaci di reagire al virus. Altre cliniche invece, dove l’autodeterminazione del sesso era divenuta prassi, hanno realizzato che la registrazione corretta del sesso biologico è più importante dei nostri sentimenti al riguardo. Dopotutto il sesso non è mai stato un costrutto “assegnato” a caso da noncuranti dottori; viene osservato alla nascita e può fare la differenza tra la vita e la morte.

La questione attinente alla salute, però, non riguarda meramente coloro che sono più esposti alle forme più maligne del Covid-19. Anche se, il sesso femminile si è dimostrato più resiliente, c’è tutta una serie di conseguenze che si manifestano sulla salute femminile durante questa crisi. Dalle infermiere e alle inservienti senza sufficienti protezioni, la cui salute è a rischio, alla salute che si rischia in casa in seguito agli abusi domestici, alla salute mentale delle madri sulle cui spalle pesa, soprattutto l’istruzione casalinga dei figli. La salute delle donne in quanto gruppo sarà costretta a sopportare le conseguenze di questa crisi. E, se il fatto che dopo nove mesi di isolamento dobbiamo aspettarci una nuova generazione di “baby boomers” è divenuta quasi una barzelletta, la realtà è che in molti Paesi europei i servizi abortivi sono considerati “non essenziali” e le donne hanno difficoltà ad accedere alla contraccezione. Se siamo destinati ad avere molte nascite fra nove mesi, sarà ciò il risultato delle scelte riproduttive delle donne o dalla mancanza di possibilità di operare tale scelte?

 Nei ‘Paesi in via di sviluppo”, in particolare, in quelli in cui c’è mancanza di cibo o che ospitano il maggior numero di rifugiati al mondo, la questione riguardante la salute delle donne diventa ancor più drastica: in stato di quarantena, con settori dell’economia che chiudono e famiglie non più in grado di immagazzinare viveri, qual sarà l’impatto sulla salute delle bambine e delle donne tenuto conto della già diffusa malnutrizione delle bambine stesse? Come reagiranno le comunità alla notizia che il virus è più fatale per gli uomini, in considerazione della già estesa pratica degli aborti selettivi per sesso del feto e le statistiche sui femminicidi?

La risposta è nel nome: la pandemia è globale

Se pensi che ce la stiamo passando brutta in Europa, pensa come deve essere nelle favelas in Brasile dove l’epidemia colpisce. Pensa alle aree di Dalit in India. Pensa alle baraccopoli in Kenya.

Allorchè, Bill Gates nel suo Ted Talk del 2015 ammonì a prepararsi ad una eventuale pandemia, non applicò la stessa logica alle sue azioni filantropiche. Se lo avesse fatto, sicuramente non avrebbe investito milioni nella distribuzione di preservativi nelle zone a luci rosse dei distretti dell’India, dove le ragazze nascono da madri prostitute, solo per poi diventare prostituite a loro volta all’età di otto anni. Avrebbe, invece, investito nella possibilità di far uscire queste donne dalle baraccopoli e nel creare le condizioni sociali in grado di scoraggiare il comportamento degli uomini che visitano questi luoghi. Ed è qui, dove il modello patriarcale capitalista “del far bene” ci ha portato: nonostante tutte le risorse e le tecnologie a disposizione, il mondo occidentale si è concentrato sul generare profitto, non ha investito in strutture che ci avrebbero consentito di affrontare, o prevenire, una tale pandemia.

 La relazione sbilanciata tra Nord e Sud del mondo appare più forte che mai, anche, nella gestione di questa pandemia, che sta già producendo i suoi effetti sulle economie in Africa, America Latina e ed Asia. Dal momento che tutti tirano dentro la conversazione l’Ebola, non dobbiamo dimenticarci che l’Ebola è stata percepita come un qualcosa di “lontano da noi”. Non ha scosso il sistema sociale, economico e politico globale, lasciando il continente africano, da solo, a gestire la crisi.

Nonostante il “Sud Globale” stia adottando misure preventive per contenere il Covid-19,  diversi Paesi ne pagano già l’amaro prezzo: iniziando dai Paesi con regimi autoritari che stanno approfittando della situazione, per implementare politiche rigide e per detenere e torturare i dissidenti, nel frattempo, mentre il mondo è impegnato a guardare la pandemia. La situazione peggiora, quando i media, i “think thanks” e le organizzazioni della società civile compiono un’analisi del Sud del mondo, concentrandosi soprattutto sull’impatto economico, senza alcuna menzione di come tale impatto influenzi le vite di donne e bambine.

Ciò significa che nei Paesi dove la violenza domestica non è considerata come tale, in regime di quarantena o isolamento, la sua incidenza aumenta senza essere notata. La violenza maschile di cui si è parlato sopra, farà pesare le sue conseguenze sull’instabilità politica nei paesi in transizione da conflitti e guerre, che inevitabilmente si ripercuoteranno sulle donne e le bambine. Laddove, i diritti finanziari e di proprietà delle donne sono deboli e dove il reddito delle donne, includendo le vedove, le madri single e le studentesse, deriva dal guadagno giornaliero dell’economia informale, milioni di donne passeranno dalla situazione di povertà a quella di estrema povertà. Non saranno messe in atto misure per le donne impiegate nel lavoro domestico o di assistenza, molte delle quali già vivono in condizioni simili alla schiavitù. 

Come aveva affermato Simone de Beauvoir “mai dimenticarsi che una crisi politica, economica o religiosa potrà essere più che sufficiente per mettere in discussione i diritti delle donne. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrai vigilare durante tutta la tua vita”, e aveva ragione. Le conseguenze su larga scala di questa pandemia, che dobbiamo essere pronti a fronteggiare, non si limitano solamente ad una crisi economica. Dobbiamo essere pronti a fronteggiare un ritorno indietro dei diritti delle donne – di tutte le donne del mondo – verso il periodo pre-CEDAW.

La pandemia ha monopolizzato l’attenzione di tutti, con il rischio che le importanti questioni di genere vengano dimenticate. Femminicidi, mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati, stupri sono solo alcune delle violazioni dei diritti umani che rischiano di cadere nel silenzio. Queste si amplificano nei campi per rifugiati e per sfollati esistenti nel mondo. I diritti economici delle donne rischiano di essere considerati di secondo livello, mentre sempre più donne cercheranno di andarsene dalle zone devastate, rischiando di essere vittime di trafficanti e sfruttatori.

 Una finestra di opportunità: sognate, sorelle, e lottate!

Alcuni dicono, “torneremo alla normalità quando la crisi sarà finita”, ma per molte di noi – se non la maggior parte – non è esistita alcuna normalità già da prima. La normalità non è esistita per molte donne in Europa, nonostante il fatto che la nuova Presidente della Commissione Europea sia donna. Non è esistita per molti migranti e rifugiati. Non è esistita per le madri, le anziane, le lavoratrici. Non è esistita una “normalità” per le donne che si prostituiscono.

  E’ giunta l’ora di ammetterlo. E’ giunto, ora, il tempo di chiedersi come debba essere la “normalità”, da una prospettiva femminista e globale.

Se alcune di noi non avessero ancora capito che viviamo in un mondo globalizzato, la magnitudine della crisi. ci deve servire come prova. Se il Covid-19 può diffondersi rapidamente e a livello globale, così possono fare le ideologie o i movimenti; negativi e positivi; distruttivi o, anche, trasformativi.

 La pandemia globale ha offerto uno spazio a quelli che possono beneficiare della distrazione del mondo, per evitare l’esposizione e la pressione in merito alla violenza commessa contro le donne e le bambine, ogni giorno. Ma ha anche aperto uno spazio per rivedere le nostre priorità come società e mostra chiaramente cosa produca benefici per pochi, in contrapposizione alla prosperità dei molti. Per noi – attiviste femministe e alleate – ha creato uno spazio per re-immaginare un mondo libero dalla violenza maschile, dalla oggettivizzazione sessuale di donne e bambine, dalla corruzione patriarcale all’interno delle istituzioni e dallo sfruttamento globale. Un mondo in cui non ci verrà impedito di alzare la voce per la liberazione delle donne attiviste in Arabia Saudita, di chiedere ai governi di mettere fine al sistema della prostituzione, di rivendicare i diritti di badanti e lavoratrici domestiche affinché vengano rispettati come diritti dei lavoratori.

E’ giunto ora il tempo di essere audaci e unite, come donne del mondo, nel chiedere che i diritti umani delle donne, che la prospettiva femminista su come attuarli, e le fonti giuridiche internazionali come la CEDAW e la Dichiarazione di Pechino per cui le nostre madri, di tutto il mondo, hanno lottato duramente, vengano posti al centro dell’agenda politica globale, cominciando dalla nostra casa che è l’Europa.