Nel 1998, in Svezia, fu emanata una legge innovativa sulla prostituzione, che entrò in vigore il 1 gennaio 1999. Questa legge, detta “legge anti-cliente”, colpisce l’acquisto di servizi sessuali, prevedendo una sanzione detentiva di 6 mesi per i trasgressori della norma. La legge non vieta alle prostitute di esercitare la professione, ma punisce i clienti. Infatti l’articolo 1 di questa legge recita: «La prostituzione è una forma di violenza dell’uomo verso la donna».
Con questo articolo si vuole sottolineare che la società non deve accettare che un uomo possa acquistare una donna per il suo piacere. Secondo il Parlamento svedese il comprare servizi sessuali ha pochissimo a che fare con la sessualità, la questione riguarda piuttosto il potere e l’uguaglianza.
Come ha raccontato in un’intervista, Gunilla Ekberg, l’avvocata femminista che ha lavorato al disegno di legge, “fino a quel momento avevamo considerato la prostituzione come un fenomeno a sé stante. La svolta è avvenuta quando ci siamo rese conto che si trattava invece di una delle forme di violenza maschile nei confronti del nostro sesso”. Avevano portato a questo risultato non tanto le analisi teoriche, quanto i molti studi e ricerche fatti negli anni precedenti sulle prostitute svedesi. In tutte le loro storie, in un modo o nell’altro, c’erano abusi familiari infantili, stupri subiti da amici di famiglia o compagni di scuola o condizioni di disagio estremo e di emarginazione sociale. In altre parole, nel contesto svedese erano molto rare le donne che facevano della prostituzione una libera scelta di vita. Ed ecco allora il testo che proibisce “l’acquisto di prestazioni sessuali”, punendo, anche penalmente, chi compra sesso ma non chi lo offre, che viene considerata invece una vittima da proteggere e aiutare.
E la "libertà di vendersi?. Secondo il punto di partenza della legge in questione “non è mai questione di libera scelta: dove c'è prostituzione, dietro c'è sempre il crimine organizzato, sempre”.
"La prostituzione è una violenza dell'uomo contro la donna", questo sembra uno slogan femminista degli anni Settanta, ma la legge svedese si è rivelata, forse, l'unica in Europa che, ad oggi, si sia dimostrata capace di contrastare il crimine organizzato legato al mercato del sesso, colpendo duro il cliente. “E' solo la cultura dell'eguaglianza di genere che può combattere la prostituzione”.
Il senso della legge è quello di includere il compratore nella filiera criminale. In Svezia c’è un meccanismo per cui si informano i clienti che stanno aiutando il crimine organizzato e distruggendo una giovane vita. Poi gli viene inviata a casa una lettera della polizia in cui si informa del reato commesso: in Svezia essere qualificati come compratori di sesso è motivo di vergogna. E per il "compratore" è solo l'inizio. Vengono infatti presi, intercettati, gli vengono fatte fotografie e prese le targhe, dopo circa 6 mesi vengono chiamati in Tribunale a testimoniare e vengono fatti sedere accanto agli sfruttatori e ai trafficanti: per farli così rendere conto di far parte di una rete criminale.
La legge aveva preso piede in maniera così profonda anche a causa del dilagare della stessa tratta a fini di sfruttamento sessuale, all’ondata di africane, di asiatiche e di ragazze dell’Est spesso prigioniere degli sfruttatori, che all’inizio del nuovo secolo minacciava di mettere fuori controllo l’industria della prostituzione, la tesi del sesso a pagamento come violenza generata dal dominio maschile aveva acquisito argomenti ben più difficili da contraddire. Sul piano pratico poi gli stessi magistrati e tutori dell’ordine si erano resi conto che la loro legge poteva rappresentare uno strumento molto efficace. Nel nuovo scenario il cliente da punire non era solo il maschio prevaricatore, ma l’ultimo anello di feroci catene schiaviste, la pedina più facile da identificare di un commercio intollerabile.
Nel 2010 è stato presentato il Rapporto sui risultati ottenuti in 10 anni con l’applicazione della legge anti-cliente allo Swedish Institute.
Secondo il Rapporto oggi in Svezia le prostitute sono un migliaio contro le circa 3 mila del 2000 e la prostituzione in strada, peraltro minoritaria da sempre, è praticamente scomparsa. Quanto ai clienti, finora ne sono stati denunciati 18 mila, condannati 900, a sei mesi di carcere o più spesso ad una multa pari a 50 giorni di stipendio. Ma anche per chi non ha avuto sanzioni il processo ha rappresentato un notevole sconvolgimento nelle relazioni familiari e sociali. Spesso chi è scoperto sul fatto, non importa se all’aperto, in un albergo compiacente o in un bordello clandestino, viene chiamato a testimoniare contro gli sfruttatori e i trafficanti, ed è costretto a mostrarsi pubblicamente come partecipe di una rete criminale.
Sono risultati importanti, che l’opinione pubblica guarda con favore. Come risulta dai sondaggi, la legge ha da tempo il consenso del 70, 75 per cento della popolazione. Ma c’è un altro effetto, confermato da varie indagini e intercettazioni telefoniche. Gli uomini dei rackett evitano sempre più di lavorare dove la prostituzione è osteggiata (“Stai alla larga dalla Svezia, puoi avere un sacco di grane”, consigliava un boss a un amico in una telefonata intercettata) e preferiscono paesi come l’Olanda e la Germania, dove il mercato del sesso è perfettamente legale. Nelle società della prostituzione legale con mutua e pensione è più difficile che la polizia indaghi e anche l’opinione pubblica è piuttosto indifferente. Salvo poi scoprire quasi per caso, come è successo in Germania, l’esistenza di un bordello con più di 100 ragazze tenute in stato di quasi schiavitù e marchiate a fuoco come animali. Al contrario attorno alla legge svedese si sono sviluppati vari meccanismi di contrasto, a cominciare dal Piano d’azione del luglio 2008 per combattere prostituzione e tratta. Fra le priorità del Piano c’è quella di supportare le cosidette “persone a rischio”, spesso immigrate o ragazze emarginate. Altri obiettivi sono di rendere sempre più efficaci i meccanismi giudiziari e di incrementare la cooperazione con i paesi vicini.
In questi anni non è stato difficile accorgersi che la prostituzione non si sradica in un paese solo e che i clienti sono pronti ad attraversare i confini con una certa rapidità. Così il Consiglio degli Stati del Baltico, 11 paesi che discutono i problemi comuni e cercano di armonizzare le varie legislazioni, hanno messo fra le loro priorità proprio il contrasto al mercato del sesso.
Anche se in Italia non se n’è praticamente parlato, il modello svedese ha fatto proseliti. La prima a muoversi è stata la Norvegia, dove nel gennaio del 2009 è stata votata una legge ancora più innovativa (il cliente può essere perseguito in patria anche se compra sesso all’estero). Poi è stata la volta dell’Islanda, mentre la Finlandia aveva già dichiarato punibile il cliente, ma solo se conosce lo stato di costrizione della donna. E mentre la Danimarca, che ormai è definita ironicamente “il bordello del Baltico” sta a sua volta discutendo il da farsi, anche in Inghilterra, in Germania e persino in Olanda si comincia ad esaminare con occhi diversi il problema del sesso a pagamento. Come ha denunciato l’”Economist”, metà delle famose donne in vetrina ad Amsterdam non sono lì per libera scelta.
Un caso a parte resta invece l’Italia, dove alla fine del 2008 la ministra alle Pari Opportunità Mara Carfagna aveva presentato con grande clamore mediatico il disegno di legge “Misure contro la prostituzione”. In sostanza, una serie di norme che prendono di mira il mercato del sesso, non però nell’ottica degli esseri umani che ne sono coinvolti ma dell’ordine pubblico. Il testo infatti, per la prima volta dopo l’abolizione della legge Merlin, introduce il nuovo reato di “esercizio della prostituzione in luoghi pubblici” e prevede, ecco la novità molto sbandierata, le stesse pene per prostitute e clienti. Una scelta irresponsabile, hanno subito denunciato in molti, che spingerebbe la prostituzione in luoghi chiusi, rendendo molto più difficile alla polizia, alla magistratura e alle tante associazioni che operano sul territorio di identificare le vittime e aiutarle a venirne fuori. Ma dopo alcuni mesi in cui il disegno di legge ha camminato a tappe forzate, ecco che improvvisamente è calato il silenzio.
La legge svedese, unica ed innovativa, però, solleva nel mondo molte critiche. Eccone alcune qui di seguito.
La prima è che se è vero che la prostituzione in strada ormai non esiste quasi più ed è minima, il fenomeno non è scomparso ha solo cambiato forma, luoghi e mezzi di comunicazione. Infatti le prostitute si sono spostate in luoghi chiusi, e ci si arriva tramite internet. Favorire lo spostamento al chiuso, dove è meno controllabile: è la critica che è sempre stata mossa agli svedesi. Gli investigatori non possono controllare tutti i siti né bloccare i server che spesso si trovano all'estero.
Ancora, se è vero che la maggioranza del mercato del sesso, specie quello a basso costo, e’ alimentato da immigrate, innanzi tutto nigeriane e dell’Europa dell’Est, rappresentando quindi un aspetto della globalizzazione in cui la domanda dei maschi del ricco mondo del nord incontra l’offerta delle donne dei paesi poveri, è anche vero che da molte ricerche europee risulta che, a fianco ai fenomeni di vera e propria tratta di donne e ragazze rapite, sequestrate, vendute o ingannate sulla natura del lavoro che viene prospettato loro, per la maggioranza delle prostitute-immigrate nei nostri paesi, specie a partire dalla metà degli anni ’90, si tratterebbe di prostituzione volontaria (ndr.?). Si tratterebbe infatti di donne che emigrano sapendo di andare a fare le prostitute (o che esercitavano il mestiere di prostituta nel loro paese d’origine), ma che spesso non conoscono le condizioni di coercizione cui andranno incontro. La scelta di prostituirsi all’estero, lontano da parenti e conoscenti e per un periodo di tempo limitato, sembra una via d’emigrazione praticabile con prospettive di guadagno attraenti, tanto più tenendo conto delle povere possibilità di lavoro offerte loro nei paesi di destinazione, limitate per lo più ai servizi di cura e domestici. Si potrebbe quasi pensare che il problema a cui ha risposto la legge contro i clienti sia l’emigrazione dai paesi impoveriti dell’Est e del Sud del mondo. Lo stesso rifiuto di quel tipo di emigrazione ha spinto nel 2009 la Norvegia a cambiare rotta: poco prima aveva dichiarato inutilizzabile il modello svedese, all’arrivo delle nigeriane per le strade di Oslo lo ha adottato subito. E a proposito di reti di organizzazione della prostituzione, nello stesso Centro sulla prostituzione di Stoccolma si dice che “La legge ha aperto la porta agli intermediari (sfruttatori) perché ha reso più difficile per i venditori e gli acquirenti di servizi sessuali entrare in contatto diretto gli uni con gli altri”.
Un altro cambiamento del mercato del sesso è costituito dal grande aumento di transessuali e prostituti tanto che si parla di rispetto e tutela dei diritti umani dei/le professionisti/e del sesso anche il Comitato Internazionale sulle Difesa dei diritti delle-i sex workers in Europa.Questo cambiamento rende più complessa la questione di genere sull’interpretazione della prostituzione e dovrebbe far ripensare le stesse relazioni di potere tra uomini e donne che attraversano la prostituzione.
La politica pubblica svedese si presenta come favorevole alle prostitute. Non si criminalizzano più le prostitute, considerate vittime di violenza, ma solo clienti, ultimo anello della catena del crimine organizzato. Quest'argomento è molto caro ai gruppi di donne che si battono per il riconoscimento dei diritti fondamentali e per l’uguaglianza donna-uomo. L’auto - identificazione è forte perché evoca la questione della violenza maschile contro le donne a cui tutte siamo state e siamo in varia misura sottoposte. I ricatti sessuali per esempio: se non vieni con me non avrai… l’assunzione, la promozione, ti licenzio e così via (a volte l’amore di papà o dello zio). La sessualità delle donne come bene di scambio, preteso dagli uomini che hanno potere su di noi.
Ma ,secondo chi critica questo punto di vista, quello che fa una prostituta è molto diverso. È lei a dire: se vieni con me mi devi pagare. Invece, per lo Stato svedese, nelle situazioni di prostituzione si tratta sempre di violenza. È sufficiente parlare con chi si prostituisce per sapere che non è vero, ma la voce delle prostitute è messa a tacere. E questo è forse il lato peggiore della legge svedese: aumenta la stigmatizzazione contro la “prostituta” al punto tale da toglierle parola e capacità di agire.
Si suppone poi che pagare per una prestazione sessuale sia una violenza contro chi vi si sottopone. Però stranamente tale violenza è sanzionata da una semplice multa. Solo un cliente è stato condannato alla prigione, nel 2005. Sarà complicità maschile (anche per le giudici donne?) o una vaga rimembranza del principio illuministico per cui non esiste reato se non vi è parte danneggiata, cioè se le persone sono adulte e consenzienti nei loro atti, anche sessuali?
I casi di traffico di esseri umani sarebbero inoltre diminuiti. Si tratta sempre di stime, ma potrebbe anche essere vero perché la legge svedese non ha dato una lira in più ai progetti sociali ma ha finanziato le forze dell’ordine per effettuare ronde per le strade e sorveglianza sugli appartamenti. Intanto però i paesi vicini lamentano che il proibizionismo in un solo paese significa che le reti di introduzione dei migranti che si dedicano alla prostituzione spostano la loro attività più intensamente sui paesi confinanti. Ma la medesima polizia di Stoccolma interviene solo negli appartamenti dove vi sono minorenni oppure molte donne straniere, nella speranza che almeno una di loro denunci. Altrimenti, se la persona è adulta e consenziente, non vi è reato.
Il proibizionismo anche nella forma della sanzione del cliente, fa ricadere comunque la penalizzazione sulle spalle delle prostitute, e tanto più pesante su quelle socialmente più vulnerabili immigrate irregolari, magari trafficate e sequestrate in appartamenti o camere d’albergo.
Resta comunque aperto in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea il dibattito sulla legalizzazione o meno della prostituzione. E certamente si tratterà di vedere se è il caso di parificare l’impresa del sesso ad una normale impresa di produzione.