giovedì 26 luglio 2012

Quanto pesa avere un capo donna?

(foto di Corbis)


Quanto pesa avere un capo donna?

“Famine May Have Ended, But For Us Hunger Has Not”

Almost 400,000 famine victims who fled to the Mogadishu for aid at the height of famine, are still living in one of the many refugee camps outside Mogadishu. Credit: Abdurrahman Warsameh/IPS

Deck Stacked Against Women’s Land Rights in Asia

Almost 400,000 famine victims who fled to the Mogadishu for aid at the height of famine, are still living in one of the many refugee camps outside Mogadishu. Credit: Abdurrahman Warsameh/IPS

Usa, donna diventa nuovo ad di Yahoo! “Sono incinta, partorirò a ottobre”

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Marissa Mayer, 37 anni, è il nuovo amministratore delegato del colosso del web. Finora era uno dei massimi dirigenti di Google. Su Twitter ha dichirato di aspettare un figlio che nascerà tra tre mesi


Legge 194, Consulta su aborto: “Giudice non può decidere, spetta alla donna”

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Secondo la Corte Costituzione al magistrato spetta solo ruolo di verifica "nella generica sfera della capacità o incapacità". Il conflitto era stato sollevato per il caso di una minorenne che voleva abortire senza che fossero informati i genitori 


Donne in bilico tra lavoro e famiglia: “Conciliare entrambi è un miraggio”


L’Istat ha fotografato la situazione: 34% delle lavoratrici ha più di tre figli e il 33% delle italiane under 54 non ha alcun reddito. Solo le multinazionali premiano le mamme


E-commerce, “piace alle donne ma soprattutto alle mamme”



Il 60% delle acquirenti del web sono madri. Dalle grandi piattaforme della distribuzione virtuale a piccole realtà "0-12 anni", cresce il giro d'affari degli acquisti su Internet, dedicati ai più piccoli


Femminicidio, se l’uomo uccide è colpa della donna



di 
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/24/femminicidio-se-luomo-uccide-e-colpa-della-donna/304488/

Somalia, stupri nei campi profughi "Vogliono anche bambine di 9 anni"

Somalia, stupri nei campi profughi "Vogliono anche bambine di 9 anni"

Dopo che la siccità siè trasformate in fame diffusa, i problemi si sono moltiplicati nei campi dei rifugiati somali, in Kenia, in Etiopia ma anche nella stessa Mogadiscio, dove i profughi interni sono centinaia di migliaia assiepati in tendopoli infinite. Qui vige la legge del più forte e le violenze sessuali dilagano. Il reportage di Hiiran Online

di CARLO CIAVONI
ROMA - L'anno scorso in Somalia, giusto di questi tempi, ad un certo punto la siccità si trasformò in fame sterminatrice di bambini e adulti. Fece paura e centinaia di migliaia di persone furono costrette ad andarsi a cercare cibo e acqua attraversando i confini con il Kenia o con l'Etiopia, oppure puntando su Mogadiscio, portandosi dietro le poche cose che avevano. I campi di rifugiati si moltiplicarono e si sparpagliarono un po' in tutta la capitale, fino a quando il ginepraio di capanne fatte di bastoni, pezze e plastica finirono per occupare ogni spazio vuoto della città.

La buona e la cattiva notizia. C'è comunque una buona notizia. E cioè, sebbene la fame resti ancora drammaticamente estesa, la carestia accenna a diminuire. La brutta notizia invece - diffusa da Hiiran Online, giornale digitale somalo - è che le donne e le ragazze che vivono ancora nei campi profughi vengono costantemente fatte oggetto di aggressioni e stupri. Nel reportage del quotidiano, costruito con una serie di interviste, le ragazze e le donne parlano di una vita di terrore, per le violenze sessuali compiute con estrema brutalità, perfino su bambine di 8-9 anni, su ragazze adolescenti, o donne anziane, da bande di uomini armati che agiscono impunemente.

Una madre che difendeva le figlie, stuprata e uccisa. Una donna magrissima di 37 anni, madre di una ragazza di 17 anni ha riferito che nel corso di una notte recente alcuni soldati sono entrati nella capanna cercando sua figlia, che avevano visto raccogliere acqua e legna. La donna ha cercato di resistere, tanto da cacciare gli aggressori dalla capanna. Uno di loro però, prima di uscire, le ha dato una bastonata sulla testa e un'altra in pieno volto, facendole saltare i denti. Poi, una volta fuori hanno sparato contro la tenda, uccidendo l'altra figlia della donna, che aveva 12 anni. Quegli stessi uomini sono poi rientrati ed hanno violentato la donna e prima di fuggire l'hanno pugnalata alle costole. La donna è morta, dopo aver avuto il tempo di raccontare quanto le era accaduto al centro Human Rights di Mogadiscio 

"Ha solo 9 anni ma la vogliono lo stesso". "Un'altra madre ha poi raccontato di tenere nascosta sua figlia di 9 anni, per paura degli stupri. "L'ho faccio di notte per tenerla al sicuro. Quando comincia a far buio ti preoccupi: Verranno stanotte? A volte non dormo, per essere pronta a reagire, ma non ce la faccio sempre a restare sveglia ", ha detto. "Dico a mia figlia di fare attenzione a come si veste, di non farsi notare, anche se ha solo 9 anni e non capisco come possa una ragazzina così piccola essere oggetto di attenzioni sessuali. Ma è così, purtroppo, non  bisogna farsi notare da queste bande di delinquenti assassini".

La paura e il far finta di niente. "Il rischio"Ci sono un sacco di problemi terribili all'interno dei campi, ma nessuno può parlarne. Se lo facciamo sono guai", dice una donna di 24 anni, madre di quattro figli, abbandonata dal marito. "C'è molta violenza, ma la maggior parte delle persone fa finta di niente, nasconde, ha paura. Il governo non fa nulla per proteggere le persone. Il rischio di essere aggrediti da gente impunita c'è ogni singolo minuto di ogni giorno", dice disperata un'altra mamma di tre figlie, tutte sotto i 12 anni.

Il lavoro dell'UNICEF. "In Somalia la violenza sessuale contro donne e ragazze è una delle conseguenze peggiori e più diffusa del conflitto in corso; ormai il fenomeno ha assunto una dimensione endemica", dice Sheema Sen Gupta, responsabile del programma di protezione dei bambini dell'UNICEF in Somalia. La maggior parte di questi attacchi si sono verificati a Mogadiscio nei campi sorti per effetto della carestia. E sono le famiglie senza un padre a sopportare il peggio della violenza e dell'abuso. Al culmine della carestia, le madri e i bambini sono fuggiti da soli verso la capitale. I loro mariti e padri sono rimasti nei villaggi d'origine per tutelare la proprietà della famiglia oppure sono già scomparsi, uccisi o dispersi dopo anni di guerra civile.

La disintegrazione delle pubbliche istituzioni. Più di due decenni di conflitti hanno disintegrato in Somalia ogni forma di pubblico potere, di istituzione statale. Non c'è legge, non c'è ordine, né nessuno che abbia l'autorità di farlo rispettare Non c'è nessuna forma di giustizia. La guerra ha formato una generazione di persone che non sanno nulla, ma hanno solo maturato una cultura secondo la quale basta una pistola per dar loro il diritto di fare ciò che vogliono. In aggiunto a tutto questo c'è la sensazione di impotenza percepita da chiunque voglia denunciare stupri, vioenze, aggressioni, ingiustizie. Pochi sono disposti a parlare. E quelli che osano farlo rischiano di essere identificati e puniti. 

giovedì 12 luglio 2012

“THE FUTURE WE WANT” WITHOUT SEXUAL AND REPRODUCTIVE RIGHTS


                      poverty eradication and gender justice


Balcani, un "Tribunale delle donne" per ritrovare la dignità violata in guerra


Diciassette anni fa l'attacco a Srebrenica da parte dei serbo-bosniaci: migliaia di uomini uccisi, centinaia di donne violentate. Episodio simbolo di una pratica comune in tutti i conflitti: lo stupro di guerra. Le donne della ex Jugoslavia stanno ricucendo una rete di solidarietà interetnica, partendo dalla ricostruzione della memoria e coinvolgendo anche le più giovani. Con una singolare "corte di giustizia" senza condannati e senza giudici

di ILARIA SESANABalcani, un "Tribunale delle donne" per ritrovare la dignità violata in guerra http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2012/07/11/news/srebrenica_tribunale_donne-38860946/

A Rieti le ‘Rivoluzionarie gentili’: “Si può collaborare senza invidia”?

È possibile cooperare senza innescare meccanismi di competizione? Se lo chiedono le donne che il 13, 14 e 15 luglio si incontrano nella città laziale. Una rete trasversale ai partiti, che vuole unire la sinistra cambiando il meccanismo di rappresentanza. "Vogliamo il "mainstreaming di genere" su tutte le politiche"

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Le questioni di genere sono solo per donne?

di 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/11/questioni-di-genere-questioni-di-donne/290524/

L’inchiesta Storie di violenza/7 Avremmo potuto salvarle?

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Che cosa non ha funzionato? I casi di Stefania e Antonia, rivisti con gli occhi degli avvocati

E un magistrato racconta tra empatia e codici

I diritti delle vittime: il commissario di giustizia Viviane Reding accoglie con favore il doppio voto di sostegno da parte dei parlamentari europei


Le donne egiziane contro le violenze sessuali


martedì 10 luglio 2012

Olio d'oliva, un progetto per il Nepal e il contadino di Bajura scoprì l'ulivo

Olio d'oliva, un progetto per il Nepal e il contadino di Bajura scoprì l'ulivo

Prima due spedizioni scientifiche per rendersi conto che in certe aree del Paese ci sono condizioni ideali per coltivare l'antica pianta. Poi la realizzazione con il patrocinio della Fao. Nell'azienda sperimentale, la formazione degli agricoltori e la nascita del frantoio. L'olio locale potrà far svoltare l'economia della zona

di LORENZO TRAVERSO
http://www.repubblica.it/solidarieta/2012/07/09/news/ulivi-38752875/

PAKISTAN - MURDER OF FARIDA AFRIDI, WOMEN"S HUMAN RIGHTS ACTIVIST

Farida Afridi

lunedì 9 luglio 2012

Afghanistan, video choc: è adultera. E la uccidono a colpi di mitra


Di Gabriel Bertinetto, L'Unità

La rete dei negozi delle donne per far rivivere Finale Emilia


Di Elvira Serra, Il Corriere della Sera

Labbra e seni rifatti. L'alt della bioetica





Di Margherita De Bac, Corriere della Sera


http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/e29dc920a686f377b7af518a94ccde32.pdf

Il favoloso mondo di Benedetta


27 anni. Un passato da assistente e un presente da imprenditore. Storia di una giovane stilista che vive a Viterbo e vende nelle boutique più importanti del mondo. Il suo motto? "Non voglio il successo, cerco la gioia" 

Di Simone Marchetti


L'Onu: 'In Italia il femminicidio è crimine di Stato'


Il severo rapporto sulle complicità e omissioni dello Stato nella violenza sulle #donne
FLAVIA AMABILE

Prostitution and Trafficking of Women and Girls in Iraq


Salvò 2500 bambini dal ghetto di Varsavia, è la “Schindler al femminile”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/08/salvo-2500-bambini-dal-ghetto-di-varsavia-irena-sendler-schindler-al-femminile/283684/

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L'eroina della seconda guerra mondiale morta a 98 anni nel 2008, fu riscoperta per caso, 13 anni fa, da un gruppo di ragazze del Kansas che preparavano una ricerca di storia. Ora, dopo film e documentari, a ricordarla, anche una voce dell'Enciclopedia britannica





venerdì 6 luglio 2012

Stop contro la violenza: un pugno nello stomaco. C'è un altro modo di dire basta?


Calciatori e atleti, dirigenti d’azienda, attori, imprenditori e — perché no — anche i giornalisti potrebbero spendersi per una questione che è maschile quanto femminile.

Di Rita Querzè

Turismo sessuale al femminile. Le donne sono così diverse dagli uomini?


quando vedo un uomo che paga per fare sesso provo fastidio, quando vedo una donna che fa lo stesso provo pena. Ma so che sono esattamente le stessa cosa.

Di Marta Serafini

Donne, meridionali, disoccupate: occhio alla riforma Fornero

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Quanto influisce il deficit produttivo delle regioni meridionali nella bassissima occupazione femminile al Sud o quanto invece derivi da un welfare lacunoso che impedisce alle donne di programmare con serenità la vita professionale e quella familiare per la cronica mancanza di asili nido o di centri di assistenza per anziani non autosufficienti?

di Fabio Savelli

Abusi femminili, oltre 13 mila donne nei pochissimi centri anti-violenza

Abusi femminili, oltre 13 mila donne nei pochissimi centri anti-violenza 

Undici città italiane, fino a dicembre, aprono le loro porte alla lotta contro la violenza sulle donne con il progetto Ravona. Una forma di sensibilizzazione itinerante. L'opuscolo D.i.Re sul tema della violenza maschile da distribuire alla popolazione e alle istituzioni

di MARTA RIZZOhttp://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2012/07/04/news/abusi_femminili_oltre_13_mila_donne_nei_pochi_centri_anti-violenza-38494089/

I veri uomini non comprano le donne

giovedì 5 luglio 2012

Testimonianza del lavoro svolto dall'Istituto EQUIT di Rio de Janeiro, Brasile.

SANITÀ: IN ITALIA DONNE MEDICO SEMPRE DI PIU', MA GUADAGNANO 30% IN MENO DEGLI UOMINI

Logo ControLaCrisi.org

http://www.controlacrisi.org/notizia/Lavoro/2012/7/3/24129-sanita-in-italia-donne-medico-sempre-di-piu-ma-guadagnano/

Uomini che picchiano le donne


Il 93% degli uomini che maltrattano la compagna sono violenti anche con le altre femmine. Mentre una donna, in Italia, deve aspettare 73 mesi per ottenere giustizia. Il femminicidio è purtroppo un argomento d’attualità ogni tre giorni ne parliamo con chi ogni giorno lavora per spezzare questa catena infame di Giovanni Molaschi.


Una quinta conferenza mondiale sulle donne, dell'ONU nel 2015? Informatevi e rispondete cosa ne pensate

Une cinquième Conférence mondiale sur les femmes de l'ONU en 2015 ? Informez-vous et dites-nous ce que vous en pensez !

http://awid.org/fre/Actualites-et-Analyses/Dossier-du-Vendredi/Une-cinquieme-Conference-mondiale-sur-les-femmes-de-l-ONU-en-2015-Informez-vous-et-dites-nous-ce-que-vous-en-pensez#.T-4FGVWJ_C0.facebook

Aderite e dite cosa ne pensate ad AWID
http://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=243921155727778&id=351068122677

CLIMATE CHANGE: Caribbean Women Caught in the Storm

Di Patricia Grogg http://www.ipsnews.net/2012/06/climate-change-caribbean-women-caught-in-the-storm/

martedì 3 luglio 2012

Uccise dai partner: e' possibile prevenire? I segnali di rischio

STORIE DI VIOLENZA I femminicidi sono preceduti da comportamenti che costituiscono altrettanti segnali di rischio che possono essere analizzati e riconosciuti per mettere in moto meccanismi di prevenzione e protezione (Anna Costanza Baldry ) Di Elena Tebono http://27esimaora.corriere.it/articolo/omicidi-evitabili-i-segnali-che-permettono-di-prevenire-la-violenza-sulle-donne/

Il commercio delle armi: Tutelare i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere


Una chiamata per restare uniti nell'includere esplicitamente la violenza di genere nei criteri (giugno 2012).


Il commercio delle armi: Tutelare i diritti delle donne e uguaglianza di genere

I membri EWL e dalla Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà (WILPF) hanno unito le forze con la Rete delle donne IANSA, con Amnesty International e con Religioni per la Pace per chiedere un invito per l'inclusione eaplicite della violenza di genere nei criteri del trattato internazionale sul commercio di armi. Secondo il documento programmatico congiunto, un criterio nel Trattato sul commercio delle armi dovrebbe richiedere agli Stati di non permettere un trasferimento internazionale di armi convenzionali, dove c'è un rischio sostanziale che le armi in esame siano suscettibili di essere utilizzati per perpetrare o facilitare atti di violenza di genere, compreso lo stupro e altre forme di violenza sessuale.
Estratti del documento programmatico.
"Sabato [18 dicembre 2010] hanno preso me e altre cinque donne in una stanza. Era mattina. C'erano tre di loro. Ci hanno detto di spogliarci. Mi sono rifiutata. Uno di loro mi ha colpito con il coltello. Io gli dissi che non era umano, lui ha preso la sua pistola e ci cedette ai tre uomini che ci violentarono, indossavano maschere. In seguito, se ne sono andati e siamo rimaste in... ... casa fino a Mercoledì [22 dicembre] Ogni giorno, un gendarme ci ha portato qualcosa da mangiare. Sono tornati lunedì. Erano gli stessi uomini, suppongo che fossero gli stessi uomini. Era il tardo pomeriggio... mi hanno violentata di nuovo. La sera, verso 17:00, ci hanno rilasciato. Non ho avuto il coraggio di andare da un medico da allora. "

1. Introduzione

Trasferimenti irresponsabili di armi, munizioni, armamenti e attrezzature, attraverso le frontiere hanno portato alla perdita di milioni di vite e la violazione dei diritti umani fondamentali. In particolare, la diffusa disponibilità di armi di piccolo calibro e armi leggere, aumenta il rischio per la sicurezza sia di uomini, che di donne, e ne impedisce il godimento dei loro diritti civili, politici, sociali ed economici in modi diversi. C'è una dimensione di genere per il commercio di armi, in cui le donne sono colpite in modo sproporzionato.
Luglio 2012 rappresenta una opportunità storica in quanto gli Stati membri delle Nazioni Unite (ONU) si riuniscono per negoziare un trattato sul commercio delle armi (ATT), destinato a stabilire norme internazionali comuni per l'importazione, l'esportazione e il trasferimento di armi. Realizzare un ATT efficace è un urgente necessità. L'ATT obbligherà gli Stati ad autorizzare trasferimenti internazionali di armi convenzionali in conformità con un elenco concordato di criteri chiari che valutano una serie di rischi potenziali derivanti da tali trasferimenti. Una questione chiave per i negoziati di luglio è quali criteri saranno inclusi.
Ci sono dimensioni di genere e impatti specifici del commercio di armi, e quindi è fondamentale che il Trattato, direttamente e in modo appropriato, affronti la questione. Di conseguenza, ci dovrebbero essere forti richiami di genere nel testo del trattato e i criteri nel trattato dovrebbe affrontare i rischi basati sul genere parlando di violenza armata.
Questo Trattato dovrebbe richiedere agli Stati di non permettere un trasferimento internazionale di armi convenzionali, dove c'è un rischio sostanziale che le armi in esame siano suscettibili di essere utilizzate per perpetrare o facilitare atti di violenza basata sul genere, compreso lo stupro e altre forme di violenza sessuale. Alcune domande chiave del processo di valutazione dei rischi devono comprendere se vi sia un efficace sistema di regolamentazione per il controllo delle armi e prevenire tale violenza, e se vi è evidenza di atti o modelli di violenza di genere.

Diritto alla protezione dalla violenza per le donne migranti prive di documenti

Diritto delle donne migranti privi di documenti alla protezione dalla violenza

Le donne irregolari che sono vittime di violenze non hanno accesso al sostegno, rifugio e alla giustizia. Le vittime spesso devono affrontare la deportazione se segnalano abusi e sono pertanto negati i loro diritti fondamentali. I membri del Parlamento Europeo il 21 giugno ha preso in analisi questo problema. "Quando qualcuno ricorre alla giustizia, ci si dovrebbe concentrare sul crimine e non sullo stato della vittima", ha dichiarato Jean Lambert, membro del Parlamento Europeo.
L'evento è stato organizzato presso il Parlamento Europeo per il lancio di  PICUM’s seminal report "Violence Against Undocumented Women in Europe - Protecting Rights and Ensuring Justice". Alla EWL ha fatto piacere vedere un pubblico così grande per discutere l'importante questione della violenza contro le donne migranti prive di documenti,
Georg Joseph Capo del Dipartimento delle Migrazioni, la Caritas Svezia e membro del consiglio PICUM, ha presentato la relazione. Mr. Joseph ha sottolineato il rapporto fondamentale di praticità di PICUM. Il rapporto mette in evidenza sia l'importanza di informare le donne sui loro diritti, nonché le misure esplicite su come proteggere le donne migranti irregolari. Le donne senza documenti che sono vittime di violenza nazionali non hanno accesso al supporto, riparo e alla giustizia. Il Rapporto PICUM dà l'esempio della Francia, dove è stato effettuato un sondaggio al monitoraggio di 75 stazioni di polizia a Parigi. Oltre il 30 per cento di queste stazioni di polizia avrebbe avviato una procedura di espulsione subito dopo un rapporto fatto ad una donna vittima di violenza senza documenti.
Inoltre, Jean Lambert ha sottolineato l'importanza della ricerca su come migliorare le attuali procedure in materia di donne migranti. Piccoli cambiamenti nei processi possono fare una grande differenza per queste donne: ad esempio, non avendo i mariti in sala durante l'intervista. Le donne devono essere considerati come individui indipendenti. La EWL supporta pienamente la necessità di intensificare la ricerca e lo scambio di pratiche di successo tra gli Stati membri per quanto riguarda i diritti delle donne migranti prive di documenti.
Inoltre, Trifa Shakey dalla rete svedese "nessuno è illegale", presentata la nuova campagna dell'organizzazione denominata "Non sono una donna" per sensibilizzare sulla mancanza di diritti delle donne migranti prive di documenti. Shakey sostiene che queste donne spesso non denunciano atti di violenza alla polizia per paura di essere deportati. I responsabili abusano le immigrate irregolari sono consapevoli di questo, ma sanno che è un rischio troppo grande, per la donna, andare alla polizia e, pertanto, possono fare quello che vogliono. "Nessuno è illegale" per anni si lavorava nei rifugi per le donne in Svezia per prendere in esame le immigrate irregolari che necessitavano di protezione. Oggi hanno avuto successo in tre delle più grandi città della Svezia: Goteborg, Malmo e Eskilstuna. I comuni stanno finanziando rifugi per le donne in queste città che accolgano anche le immigrate irregolari.

lunedì 2 luglio 2012

Zainab Hawa Bangura diventa, da Margot Wallström, rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti

Zainab Hawa Bangura prende il sopravvento da Margot Wallström, come rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti

Il Segretario Generale Ban Ki-moon ha nominato Zainab Hawa Bangura, attualmente Ministro della Sanità e Igiene della Sierra Leone, come il suo nuovo Rappresentante speciale per la violenza sessuale nei conflitti.
Lei andrà a sostituire Margot Wallström, un politico svedese con una lunga storia di difesa dei diritti delle donne, che aveva ricoperto la carica quando è stato creato due anni fa.
Secondo una dichiarazione rilasciata dal portavoce di Ban Ki-Moon, la signora Bangura ha alle spalle oltre 20 anni di politica, esperienza diplomatica e pratica nel campo della governance, risoluzione dei conflitti e riconciliazione in Africa. Ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di programmi nazionali per la salute a prezzi accessibili, sostenendo l'eliminazione delle mutilazioni genitali.
Ha anche esperienza nell'incontro con interlocutori, nelle diverse situazioni, compresi i gruppi ribelli ed ha familiarità nel trattare con gli attori statali e non statali che si occupano di tematiche di violenza sessuale, mentre lotta contro la corruzione e l'impunità.
"Lei è un esperto orientata ai risultati della società civile, umana e attivista per diritti delle donne e per la democrazia", ​​aggiunge il comunicato.

Vittoria per i diritti delle donne in Turchia!

Vittoria per i diritti delle donne in Turchia!

I membri della EWL in Turchia celebrano la decisione del Governo conservatore della Turchia di abbandonare i piani per una proposta di legge controversia che avrebbe ridotto il limite di tempo per gli aborti. L'aborto è legale in Turchia dal 1983.
La normativa inizialmente proposta dal ministero di Giustizia e Sviluppo (AKP) avrebbe richiesto che tutti gli aborti dovranno avvenire entro le prime sei settimane di gravidanza, rispetto alle 10 settimane attualmente consentite.
Gli attivisti per i diritti delle donne hanno detto che questo limite per l'aborto sarebbe effettivamente fuorilegge, poiché la maggior parte delle donne non si rendono conto di essere incinta che fino a circa la sesta settimana di gravidanza.
Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan aveva suscitato indignazione il mese scorso quando aveva paragonato l'aborto all'omicidio.
Le organizzazioni femminili in Turchia, tra cui il Coordinamento EWL in Turchia, hanno lanciato una grande campagna nazionale e internazionale sotto il titolo 'Di No al divieto di aborto' e hanno emesso una lettera di protesta.
Migliaia di donne e attivisti hanno organizzato manifestazioni in tutto il paese per protestare contro le misure previste.

Spagna - I membri della EWL si oppongono all'imposizione di affidamento congiunto per i bambini

Spagna - EWL membri si oppongono all'imposizione di affidamento congiunto per i bambini

Giovedi '21 giugno, l'Andaluza Plataforma de Apoyo al Lobby Europeo de Mujeres ha espresso la sua condanna del Ministro della Giustizia, all'annuncio di Alberto Ruiz-Gallardón che diceva che "sarà stabilita entro sei mesi una legge di custodia condivisa in cui i giudici avranno la libertà di scegliere il modello che considerano migliore per il bambino. "Per la Plataforma," imporre l'affidamento congiunto è non pensare al benessere dei minori. "
Ciò è stato evidenziato giovedì in una conferenza stampa in cui l'attivista femminista e membro del, Pastor Plataforma Lourdes, ha sostenuto che l'imposizione di affidamento congiunto in separazione giudiziale, per assicurare l'uguaglianza, "non spiega o prende in considerazione perché tutti gli alimenti, non vengano pagati, quali responsabilità sono state assunte dal genitore prima della separazione, o perché i genitori che infrangono le regole di visita ai bambini non siano penalizzati ".
Pertanto, la Plataforma ha espresso la sua "preoccupazione per i tagli, non solo in termini di sviluppo economico, ma anche sui diritti umani un fenomeno recente in questo paese".
D'altra parte, il presidente della Plataforma, Rafaela Pastor, ha espresso la sua opposizione alla abrogazione della attuale legge organica 2/2010 sulla salute sessuale e riproduttiva e interruzione volontaria di gravidanza, in linea con la posizione sostenuta dai "Nosotras Plataforma Decidimos "(" Siamo noi a decidere"), che, sotto la bandiera di "Per decidere di rendere liberi", ha sviluppato un manifesto che supporta oltre 200 organizzazioni in Spagna, che critica, tra le altre cose, "che la negazione dei diritti sessuali e dei diritti riproduttivi delle donne porta alla diminuzione delle questioni fondamentali quali l'educazione sessuale o il miglioramento dell'accesso alla contraccezione, compresa la contraccezione d'emergenza ".
Rafaela Pastor ha osservato che "tornando alla legge del 1985, come vorrebbe il Governo, ci sarebbe una regressione dei diritti umani, privando le donne del loro diritto di decidere circa la propria gravidanza nelle prime 14 settimane, che è quanto stabilito nella maggior parte dei Europa ".
- Andaluza Plataforma de Apoyo al Lobby Europeo de Mujeres C / Obispo Fitero, 9 locale 4 14001 Córdoba Tel / Fax: 957 474 959. www.mujereslobby.org

“Se è l’uomo a pagare il conto, merita prestigio, ma se a pagare sono io, posso dirmene orgogliosa” Immagine estetica e sociale della nuova donna cinese


Rita Barbieri è docente di lingua cinese e studiosa di tematiche legate alla cina classica e contemporanea. Ci invia questo articolo sull’estetica per le donne cinesi, che pubblichiamo con vero piacere.

ABSTRACT: In questo articolo, partendo dall’analisi di due casi di famose imprenditrici donne cinesi, ci si interroga su come sia cambiata nel corso degli ultimi anni l’immagine estetica e sociale delle donne e su quale significato abbia. Confrontando l’attualità con la visione tradizionale confuciana e con il periodo comunista, si disegnano similitudini e differenze, andando alla ricerca di un meccanismo comune.

Rita Barbieri
Allo scorso festival di Cannes tra i giurati spiccava un’ospite d’eccezione: Shi Nansun, una delle più importanti donne manager dell’industria cinematografica cinese. Una presenza di tutto rispetto in quanto, se già registi del calibro di Zhang Yimou e Chen Kaige avevano contribuito in precedenza a sdoganare le opere e i talents cinesi della settima arte, questa volta, invece di registi e sceneggiatori, la giuria ospitava tra i suoi membri nientemeno che una produttrice di Hong Kong. Una perfetta self-made woman che, dopo un periodo di formazione nel Regno Unito, comincia a farsi notare come programmatrice televisiva fino a quando, all’inizio degli anni ‘80, decide di unirsi al gruppo di produzione cinematografica “Cinema City” fondato per investire su registi e nomi nuovi.
Approfittando del clima più ‘liberale’ apportato dalla nuova “politica di apertura” promossa da Deng Xiaoping, Shi Nansun crea la propria casa di produzione e diventa in breve tempo il punto di riferimento internazionale del cinema di successo di Hong Kong, iniziando contemporaneamente alcuni progetti di collaborazione con la Rpc. Attualmente è una delle donne più ricche, potenti e famose in tutta la Cina, al pari di un’altra donna manager: Yue-Sai Kan. Come Shi Nansun, dopo un iniziale start-up nel cinema e nella produzione, anche Yue-Sai Kan decide di ‘mettersi in proprio’ fondando nel 1992 la prima casa cosmetica cinese, ceduta poi nel 2004 al marchio “l’Oréal”. Solo nel 2000 (anno dell’entrata della Cina nel WTO) però, aveva firmato un vero e proprio bestseller da cui era stata tratta perfino una serie televisiva in venti puntate: Meili helai: Zuo yi ge you fengdu, you pinwei, you xiuyang de xiandai ren (Etiquette for Modern Chinese/ The source of beauty: Become a poised, refined, Cultivated Modern Person) a cui era seguito un sequel nel 2004.
Si tratta di un caso editoriale estremamente interessante: in una Cina che ancora si proclama formalmente ‘socialista’ si vende e si stravende, attraverso il tam tam dei lettori, un libro che insegna alle donne come comportarsi, come porsi nella nuova società e come ottenere successo sul lavoro, in amore e nella vita: ovvero come ‘capitalizzare’ al meglio le proprie risorse. Un vero e proprio ‘manuale di etichetta’ che si colloca come ultima versione, la più aggiornata, di una lunga tradizione di testi normativi scritti dalle donne per le donne e che rivela quanti e quali cambiamenti si siano verificati nella Cina contemporanea. Infatti se paragoniamo questo testo, che pone l’accento sulla bellezza, l’eleganza, il fascino della donna, al capofila della serie (“Precetti per donne” della storica Ban Zhao, vissuta nel I sec. d.C. alla corte degli Han), sembra di trovarsi di fronte a universi paralleli.
Nel testo di Ban Zhao, la subordinazione della donna non è mai messa in discussione e la caratteristica a cui si dà maggiore rilievo è il tinghua: l’obbedienza. Una donna, secondo la tradizione confuciana di epoca imperiale, è sottoposta per tutta la vita alle tre subordinazioni (sancong) verso il padre, il marito e il figlio, a cui deve totale devozione, rispetto e obbedienza. La donna deve essere poi maestra nell’ ‘arte della ritrazione’: deve sapersi schermire, umiliare, deve rinnegare i propri meriti e mantenere sempre un atteggiamento di abnegazione. Non a caso l’autrice racconta che le bambine, appena nate, dovessero essere posizionate sotto il letto proprio perché familiarizzassero da subito con la loro posizione d’inferiorità. Il libro è diretto, in ottica chiaramente confuciana, a formare una donna che occupi degnamente il proprio posto all’interno della società prendendosi cura prima di tutto della famiglia e del marito, una donna che sia il “cuore del focolare” come recita un antico proverbio cinese. Infatti, come affermato nel Daxue (“Il grande studio” o “La grande scienza”, uno dei Classici confuciani), solo se la famiglia sarà ordinata allora anche lo Stato sarà ordinato e pacificato. La famiglia è infatti vista come fondamento di un equilibrio sociale che deve essere preservato e mantenuto per evitare il caos e ripristinare l’ordine: un equilibrio in cui ognuno ha compiti, doveri e imperativi da onorare.
Se si considera il confucianesimo (tacitamente o espressamente accusato dai posteri di ‘maschilismo’) come il pensiero che ha, più di altri, influenzato e plasmato la cultura cinese, le conseguenze storiche e sociali di questo sono riscontrabili anche in epoca attuale. Infatti, secondo alcune letture, la grande importanza che viene attualmente attribuita all’aspetto fisico delle ‘donne-lavoratrici’ e alla loro bellezza, potrebbe essere interpretata come una sorta di retaggio tradizionale di un ‘maschilismo’ insito nella mentalità cinese che spingerebbe a valutare la donna prima per il suo valore estetico, poi (forse) per le sue capacità produttive… D’altronde, come sostiene Nina Powers nel suo libro “La donna a una dimensione”, viviamo nell’epoca del “Curriculum ambulante”: in cui tutto ciò che conta (la bellezza, la gioventù, il fascino) deve essere pubblicamente esibito e ostentato. Non a caso infatti, in uno dei suoi articoli, Amy Hanser osserva ad esempio come in Cina l’espressione tie wanfan (lett. ‘ciotola per il riso di ferro’), usata in epoca socialista per riferirsi alla possibilità di impiego garantito, si sia presto trasformata in qingchunfan (lett. ‘ciotola per il riso di gioventù’), che allude invece al fatto che gioventù e bellezza rappresentano un potenziale ‘capitale’ da investire nel mondo del lavoro. Un mondo sempre più duro e competitivo anche in Cina, dove non bastano più titoli di studio, periodi di formazione all’estero o le intricate reti del guanxi per garantire un lavoro, soprattutto alle donne.
Ne è testimonianza la storia di He Zen, attualmente manager di una filiale del colosso bancario britannico HSBC. In un’intervista racconta che un giorno sua madre, mentre passeggiava per le strade di Shanghai, vide dei cartelloni pubblicitari con foto di modelle dall’aspetto semicaucasico e pensò che, per la propria figlia già ventottenne e ancora nubile, fosse giunto il momento di ricorrere a un intervento di chirurgia estetica. Lo stesso giorno si recò in una clinica e prese accordi per una serie di operazioni. A sole due settimane di distanza, He Zen aveva già ottenuto un’offerta di intership da parte della suddetta HSBC e, se si leggono alcune delle richieste che appaiono sugli annunci di lavoro, non c’è da stupirsi di tale esito: spesso infatti si pretendono espressamente candidate pinmao duanzhuang (‘dotate di bell’aspetto’) o almeno xingxiang hao (‘di bella presenza’).
Di storie come queste ce ne sono tante: sembra quasi che tutti coloro che ne hanno la possibilità non disdegnino il ‘ritocchino’(zhengxing, chirurgia plastica, lett. ‘riordinare la forma’) per aumentare le proprie chance di successo. Infatti, secondo le stime dell’Associazione Internazionale Chirurgia Plastica e Estetica, nel 2009 la Cina si è classificata al terzo posto (dopo USA e Brasile) per numero di interventi. Si calcola che, nello stesso anno, più di 3 milioni di persone si siano sottoposte a operazioni chirurgiche e che, la maggior parte di queste, fossero donne nel pieno della loro giovinezza. Infatti in Cina gli interventi più richiesti non hanno niente a che vedere con lifting o simili, ma riguardano il raddoppiamento della palpebra (shuangyanpi), il sollevamento del dorso nasale e l’assottigliamento della linea della mascella. Ciò significa ottenere un viso dai tratti non solo più ‘occidentali’ ma anche più marcati: occhi più aperti, un profilo più elegante e un ovale affinato. Come dichiara Xu Shirong, capo chirurgo plastico all’ospedale di Pechino: “credo che adesso le persone abbiano degli standard di bellezza più alti. Molto spesso dico ai miei pazienti che hanno già un punteggio di 98/100, che questo è già sufficientemente buono e che non c’è nessun bisogno di inseguire un perfetto 100. Ma la maggior parte di loro sceglie comunque di aggiungere i due punti mancanti.”
A questo proposito, conferma Ma Xiaowei, viceministro della Salute: “dobbiamo riconoscere che, al momento, la chirurgia plastica ed estetica è diventata un servizio comune, orientato verso le masse”. Affermazione quantomeno eclatante se si considera che solo negli anni ’80 la chirurgia plastica era assolutamente proibita, etichettata come una tecnica ‘straniera’ e ‘borghese’ e la bellezza era, al massimo, un optional: ad esempio, nel non lontanissimo 1988, il leader del PC Jiang Zemin impedì di fatto la programmazione di un concorso di bellezza a Shanghai con la motivazione che i tempi non erano ancora maturi per questo e che “spendere 450.000 yuan per un concorso di bellezza era prematuro”. Nel 2004 la stessa Cina fu orgogliosa di assegnare alla ventiduenne Feng Qian, il titolo di “Miss Artificial Beauty” oltre a un premio di 50.000 yuan.
Sulla stessa scia si colloca anche la messa in onda nel 2007 di un reality show: “Lovely Cinderella”, copia del programma americano “The Swan”, prodotto dalla FOX, in cui un gruppo di donne concorre per sottoporsi a delle operazioni chirurgiche capaci di far uscire allo scoperto il ‘cigno’ nascosto all’ombra del ‘brutto anatroccolo’. Nello show, non si risparmiano immagini forti o velenose battute dirette a enfatizzare i ‘difetti’ delle sfidanti, che si sentono sempre meno cigni e sempre più brutti anatroccoli. La vincitrice, votata dal pubblico, avrà in premio un completo makeover presso una clinica coreana a Pechino.
Si tratta di un caso estremamente interessante per vari motivi: da un lato c’è il fatto che si tratta di un format riconoscibilmente americano, con concorrenti cinesi che dichiarano di voler assomigliare a attrici cinesi e che sono ‘disposte’ per questo a farsi operare da chirurghi coreani. Dall’altro, nel 2006, il governo aveva imposto un bando sulla pubblicità televisiva dei prodotti per il corpo, perché il linguaggio usato era eccessivamente allettante e ingannevole. L’anno successivo però, lo stesso tipo di linguaggio, fu abbondantemente utilizzato nel programma e contribuì alla sua riuscita.
Questi fatti rappresentano in maniera evidente il cambiamento nei costumi di una Cina che, dagli anni della ‘politica della porta aperta’ e delle ‘modernizzazioni’, si è imposta sul mercato come potenza economica mondiale, causando effetti concreti anche sul piano dell’immagine e sul ruolo della donna. Come afferma anche Elena Pollacchi, parlando del fenomeno delle donne manager ricche, belle e affascinanti: “attraverso la propria immagine di imprenditrici di successo, di donne colte e eleganti, queste figure sembrano veicolare un discorso più ampio che coinvolge, oltre alle strategie culturali e di business dello spettacolo, nuovi fenomeni di divismo e, più in generale, l’immagine che la Cina offre di sé nel contesto mediatico asiatico e internazionale”. Evidente se, analizzando ad esempio il campo dell’editoria e della pubblicità, confrontiamo la rivista Self con la corrispettiva versione cinese Yueji. Già nel titolo, sono evidenti numerose differenze: il carattere yue significa infatti ‘felice/felicità’ e ji (che traduce più o meno alla lettera il self inglese) implica il fatto che questa possa essere raggiunta autonomamente dalla donna, una donna che ‘è felice per/di/con sé stessa’. Interessante anche l’immagine pubblicitaria che promuove il prodotto, in cui si vede una bellissima ed elegantissima ragazza cinese ‘moderna’ che, sfoggiando numerose carte di credito, recita: Nanren fuzhang zhide xuanyao, dan ziji maidan na jiao jiao’ao (“se è l’uomo a pagare il conto, merita prestigio, ma se a pagare sono io, posso dirmene orgogliosa.”)
Ecco dunque l’icona femminile della Cina contemporanea: una donna giovane, affascinante, autonoma e assolutamente autosufficiente dal punto di vista economico e referenziale. Tutti aggettivi che potremmo applicare anche, senza troppe virate metaforiche, alla ‘nuova Cina’ che avanza: una Cina che ci tiene a presentarsi e ad autorappresentarsi all’esterno come moderna, indipendente, realizzata e dunque estremamente affascinante. Attraverso le immagini divulgate si evoca un’esplicita idea di benessere, ricchezza economica e prestigio che ha la funzione di mantenere un forte allure di successo e di attirare curiosità e interesse.
Questo appare evidente anche se si osservano le trasformazioni dell’ideale estetico femminile verificatosi negli ultimi anni: le nuove modelle, attrici e star sono alte, magrissime, con occhi grandi e labbra turgide. Esili e flessuose come giunchi, la pelle diafana e trasparente come carta di riso, gli occhi grandi e tondeggianti, appaiono al pubblico come delicati ‘fiori’ (non a caso in Cina per sottolineare l’aspetto ‘decorativo’ della bellezza femminile si utilizza il termine hua ping, lett. ‘vaso da fiori’) dall’irresistibile fascino misterioso e esotico. Ma, se solo si osservano immagini di donne di epoche precedenti (ad esempio del periodo socialista), si nota che ci troviamo di fronte a canoni completamente diversi. Si passa, nel giro di pochi anni, dallo stereotipo anni ’80 di una ‘donna-lavoratrice’ (laodong funü) forte, robusta e ben poco femminile, alla sinuosità conturbante dell’attrice Gong Li, lanciata sul grande schermo da Zhang Yimou nei primi anni ’90. Cos’è allora che ha prodotto questo ribaltamento nei confronti dei canoni della bellezza? Spesso si attribuisce la causa all’importazione di standard occidentali e al tentativo di conformarsi a questi ma, forse, non è del tutto corretto parlare di semplice ‘imitazione’: basta osservare il settore della cosmesi per rendersene conto. In Cina, per esempio, non c’è richiesta di creme abbronzanti. Lo sanno bene le varie case cosmetiche occidentali che hanno lanciato una dopo l’altra in rapida successione un’ampia scelta di prodotti sbiancanti per la pelle (White Detox di Biotherm, Pure di Dior, ecc.), ottenendo così in breve tempo il controllo dell’80% del mercato. Questo perché, al contrario che in Occidente, la carnagione bianca è tuttora interpretata come simbolo di vita agiata: in una Cina antica e rurale, dove la maggior parte dei contadini aveva la pelle indurita e scurita dal sole a cui era esposta, solo i ricchi potevano sfoggiare un incarnato pallido. Da qui il potere attrattivo di una pelle chiara, come attesta un antico proverbio ancora in uso: yi bai zhe san chou (‘una pelle chiara nasconde i tre difetti’).
Un altro esempio che potremmo citare, a testimonianza dei grandi cambiamenti che stanno avvenendo sotto i nostri occhi, è il dilagare anche in Cina delle diete e dell’ossessione alimentare. Significativo se si pensa che solo nei primi anni ’90, parte della popolazione rurale ancora viveva in condizioni di estrema povertà e l’ossessione nei confronti del cibo era semplicemente quella di nutrirsi quotidianamente (un modo molto comune di salutarsi in alcune zone del Sud era infatti: Ni chifanle mei you? lett. “Hai mangiato?”).
Nell’ultimo decennio però, si sta affacciando sempre più il problema del sovrappeso e dell’obesità (come rilevano anche Matthew Crabbe e Paul French nel loro libro “Fat China: How Expanding Waistlines Are Changing a Nation”) e la conseguente attrazione per la magrezza, soprattutto quella femminile, come sintetizzato in un famoso detto: dui yu yi ge nüren jieshi shi yi sheng de gongzuo, “per una donna stare a dieta, è il lavoro di una vita”.
Potremmo concludere quindi che, dietro agli eclatanti cambiamenti estetici che le donne cinesi hanno affrontato negli ultimi anni, si nascondano non solo retaggi tradizionali pseudo-confuciani o visioni maschilistiche, ma anche e soprattutto dinamiche e relazioni di potere che coinvolgono la Cina e i suoi rapporti con il resto del mondo. I due casi simbolo di Shi Nansun e Yue Sai-Kan sono indicativi di un riconoscimento pubblico di successo e affermazione personale secondo standard che non sono prettamente cinesi, ma bensì ‘internazionali’. Un punto a favore da assegnare dunque non solo a queste donne, ma anche alla nazione che le ha generate, prodotte e modellate e a cui entrambe, nelle loro dichiarazioni pubbliche, rendono omaggio.
Rita Barbieri
Laureata con lode in Lingue e Civiltà dell’Oriente antico e moderno presso l’Università degli studi di Firenze, Rita Barbieri insegna italiano agli stranieri, cinese e inglese presso varie strutture private a Firenze. Curatrice e traduttrice di alcuni testi online, ha al suo attivo la pubblicazione di articoli riguardanti la Cina classica e contemporanea su riviste come “Testimonianze” e “East: Europe and Asia strategies”. È specializzata in storia delle religioni e in filosofia orientale.