Dopo che la siccità siè trasformate in fame diffusa, i problemi si sono moltiplicati nei campi dei rifugiati somali, in Kenia, in Etiopia ma anche nella stessa Mogadiscio, dove i profughi interni sono centinaia di migliaia assiepati in tendopoli infinite. Qui vige la legge del più forte e le violenze sessuali dilagano. Il reportage di Hiiran Online
di CARLO CIAVONI
ROMA - L'anno scorso in Somalia, giusto di questi tempi, ad un certo punto la siccità si trasformò in fame sterminatrice di bambini e adulti. Fece paura e centinaia di migliaia di persone furono costrette ad andarsi a cercare cibo e acqua attraversando i confini con il Kenia o con l'Etiopia, oppure puntando su Mogadiscio, portandosi dietro le poche cose che avevano. I campi di rifugiati si moltiplicarono e si sparpagliarono un po' in tutta la capitale, fino a quando il ginepraio di capanne fatte di bastoni, pezze e plastica finirono per occupare ogni spazio vuoto della città.
La buona e la cattiva notizia. C'è comunque una buona notizia. E cioè, sebbene la fame resti ancora drammaticamente estesa, la carestia accenna a diminuire. La brutta notizia invece - diffusa da Hiiran Online, giornale digitale somalo - è che le donne e le ragazze che vivono ancora nei campi profughi vengono costantemente fatte oggetto di aggressioni e stupri. Nel reportage del quotidiano, costruito con una serie di interviste, le ragazze e le donne parlano di una vita di terrore, per le violenze sessuali compiute con estrema brutalità, perfino su bambine di 8-9 anni, su ragazze adolescenti, o donne anziane, da bande di uomini armati che agiscono impunemente.
Una madre che difendeva le figlie, stuprata e uccisa. Una donna magrissima di 37 anni, madre di una ragazza di 17 anni ha riferito che nel corso di una notte recente alcuni soldati sono entrati nella capanna cercando sua figlia, che avevano visto raccogliere acqua e legna. La donna ha cercato di resistere, tanto da cacciare gli aggressori dalla capanna. Uno di loro però, prima di uscire, le ha dato una bastonata sulla testa e un'altra in pieno volto, facendole saltare i denti. Poi, una volta fuori hanno sparato contro la tenda, uccidendo l'altra figlia della donna, che aveva 12 anni. Quegli stessi uomini sono poi rientrati ed hanno violentato la donna e prima di fuggire l'hanno pugnalata alle costole. La donna è morta, dopo aver avuto il tempo di raccontare quanto le era accaduto al centro Human Rights di Mogadiscio
"Ha solo 9 anni ma la vogliono lo stesso". "Un'altra madre ha poi raccontato di tenere nascosta sua figlia di 9 anni, per paura degli stupri. "L'ho faccio di notte per tenerla al sicuro. Quando comincia a far buio ti preoccupi: Verranno stanotte? A volte non dormo, per essere pronta a reagire, ma non ce la faccio sempre a restare sveglia ", ha detto. "Dico a mia figlia di fare attenzione a come si veste, di non farsi notare, anche se ha solo 9 anni e non capisco come possa una ragazzina così piccola essere oggetto di attenzioni sessuali. Ma è così, purtroppo, non bisogna farsi notare da queste bande di delinquenti assassini".
La paura e il far finta di niente. "Il rischio"Ci sono un sacco di problemi terribili all'interno dei campi, ma nessuno può parlarne. Se lo facciamo sono guai", dice una donna di 24 anni, madre di quattro figli, abbandonata dal marito. "C'è molta violenza, ma la maggior parte delle persone fa finta di niente, nasconde, ha paura. Il governo non fa nulla per proteggere le persone. Il rischio di essere aggrediti da gente impunita c'è ogni singolo minuto di ogni giorno", dice disperata un'altra mamma di tre figlie, tutte sotto i 12 anni.
Il lavoro dell'UNICEF. "In Somalia la violenza sessuale contro donne e ragazze è una delle conseguenze peggiori e più diffusa del conflitto in corso; ormai il fenomeno ha assunto una dimensione endemica", dice Sheema Sen Gupta, responsabile del programma di protezione dei bambini dell'UNICEF in Somalia. La maggior parte di questi attacchi si sono verificati a Mogadiscio nei campi sorti per effetto della carestia. E sono le famiglie senza un padre a sopportare il peggio della violenza e dell'abuso. Al culmine della carestia, le madri e i bambini sono fuggiti da soli verso la capitale. I loro mariti e padri sono rimasti nei villaggi d'origine per tutelare la proprietà della famiglia oppure sono già scomparsi, uccisi o dispersi dopo anni di guerra civile.
La disintegrazione delle pubbliche istituzioni. Più di due decenni di conflitti hanno disintegrato in Somalia ogni forma di pubblico potere, di istituzione statale. Non c'è legge, non c'è ordine, né nessuno che abbia l'autorità di farlo rispettare Non c'è nessuna forma di giustizia. La guerra ha formato una generazione di persone che non sanno nulla, ma hanno solo maturato una cultura secondo la quale basta una pistola per dar loro il diritto di fare ciò che vogliono. In aggiunto a tutto questo c'è la sensazione di impotenza percepita da chiunque voglia denunciare stupri, vioenze, aggressioni, ingiustizie. Pochi sono disposti a parlare. E quelli che osano farlo rischiano di essere identificati e puniti.