“Donna,
Violenza, Salute”
Ieri giovedì 24 maggio, alla Salone delle Feste, del Palazzo Bastogi, di Firenze, si è tenuto il seminario “Donne,
Violenza, Salute”, organizzato dalla Lef-Italia, dal CNAI e dalla regione
Toscana.
La
Consigliera regionale Daniela Lastri, nel Suo cenno di saluto, sottolinea come
la violenza di genere sia sotto gli occhi di tutti, ricordando che l’OMS stabilisce
come questa sia una priorità di saluta pubblica, oltre ad essere una violazione
dei diritti umani. In Toscana, secondo i dati del 2011, 1880 donne si sono
rivolte ai centri di accoglienza denunciando una violenza, 121 in più rispetto
all'anno precedente. Tra queste il 66% sono italiane. Chi denuncia ha, molto
spesso, un titolo di studio medio alto ed e di età comprese fra i 30-49 anni.
Le violenze sono, quasi sempre, perpetrate da partner, per il 60%, la restante
percentuale dagli ex partner o datori di lavoro. Due terzi delle donne hanno
usufruito dei servizi di base in ambito socio-sanitario e delle forze
dell'ordine. Oggi c’è anche un’altra forma di violenza che viene denunciata, e
che è stata riconosciuta e tutelata, lo stalking. Quasi sempre la denuncia
avviene quando alla violenza assistono anche i figli, c'è come un maggior
coraggio, e così, molti servizi hanno messo appunto anche interventi specifici
per i figli testimoni di violenza. La Toscana cerca di avere un intervento
attento, perché una maggior propensione alla denuncia c'è laddove ci sono più
servizi e informazione. Nel 2007, la Regione Toscana Ha approvato la legge n.
54 contro la violenza di genere. Oggi grazie all' Osservatorio si possono
tenere sotto controllo i fenomeni e dare di conseguenza servizi adeguati. La
vera forza sta nella volontà di attivare un lavoro comune. La Legge sulla Cittadinanza
di genere integra le attività e cerca di combattere gli stereotipi anche in
ambito socio culturale. Anche qui rimane un forte impegno della Regione, che si
concretizza in un importante lavoro di rete e normative.
Anna
Maria Olivieri fa una breve introduzione riguardante lo scopo dell’incontro che
vuole riprendere le fila del lavoro svolto in campo socio sanitario, dopo il
Protocollo dell’OMS in materia.
Parla
la Presidente della Lef-Italia avvocato Siusi Casaccia. Illustra brevemente cosa
e' la Lobby, introducendo il tema dell'uguaglianza. Si parla parecchio della
violenza di genere in quanto è, Purtroppo, un fenomeno che pervade tutte le
società. Ricorda la Campagna “Mai più complice”. Ricorda poi che l’aspetto con
il quale ci si misura è la modalità dell'accoglienza delle donne vittime nelle
strutture anti violenza. Sottolinea ancora come il fatto di avere dati non
significa riscontrare che il fenomeno sia più accentuato ma che il monitoraggio
e l'attenzione al fenomeno stesso lo porta alla luce maggiormente e porta le
donne ad una maggior volontà di denunciare. Uno dei bisogni che rimangono nella
problematica del sostegno alla donna vittima è la modalità di intervento dei
singoli operatori. L'accesso alla tutela da parte della pubblica sicurezza o
nell'ambito sanitario rimane difficoltosa ed anche il dialogo tra i singoli
interlocutorie' difficile. La richiesta di giustizia rimane molto complicata.
Maria
Stella D'Andrea, professore universitario, criminologa e medico legale della
AUSL di Reggio Emilia. Spiega la riflessione maturata nel suo lavoro. La
violenza rimane un fenomeno sommerso se negli operatori e nelle istituzioni non
c'è la capacita di ascoltare le vittime, di capire i loro silenzi, di ridare un
volto ad un viso e di avere una professionalità comune, una “vision” ed una “mission”
condivise. La violenza sulle donne è un fenomeno per cui l’assenza di lesioni
fisiche non coincide con un'assenza di violenza. Nella Dichiarazioni delle
Nazioni Unite viene fatta menzione della violenza, come nell’Assemblea Parlamentare
del Consiglio d'Europa del 2002. Quella dell'Europa non e' solo una direttiva
ma un imperativo etico, morale, deontologico. Lo stupro perpetrato dal coniuge
diventa reato negli USA solo nel 1993, diventa perseguibile il carnefice che considera
la donna solo un pezzo di carne, un oggetto. Il compito degli operatori socio
sanitari è quello di umanizzare nuovamente la vittima. Le vittime hanno paura,
si vergognano, provano sudditanza o senso di protezione nei confronti del
carnefice; gli operatori spesso hanno una scarsa conoscenza delle procedure,
non si fidano del racconto fatto dalla donna, per inesperienza o per non
sbagliare non agiscono. Nel triage si fa stare anche il carnefice, poiché gli
operatori hanno timore delle ripercussioni. Fare un lavoro di rete e'
fondamentale, vuol dire valutare le risorse che entrano in gioco, avere la
capacita di fare un progetto più ampio. Uscire dalla logica dell'out- out (non
è compito mio, non spetta a me) ed entrare in una logica dell'et-et (un lavoro
comune per giungere ad un medesimo risultato). La violenza resterà un fenomeno
sommerso se la visita medica rimarrà solo clinica. Fondamentale e' il dialogo
che deve essere anche ascolto; il dialogo e' un incontro tra due persone. Un problema
fondamentale è quello del tempo. Tempo, spazio, ascolto, competenza diventano
respingenti di tutte le negatività e di eventuali errori che si potrebbero
compiere. L’umanizzazione della vittima deve essere il compito dell'operatore. Si
deve cominciare a parlare di formazione degli operatori.
Il
Dottor Stefano Gaiardi del Servizio prevenzione e protezione della AUSL Ravenna,
illustra come in una struttura sanitaria il dolore si esprima anche in azioni
violente sul personale ospedaliero. La violenza negli ambienti di lavoro si
studia dagli anni 80 e sono stati prodotti molti documenti, all’interno dei
singoli Stati a livello europeo, dall'OMS. Il Ministero della Sanità, nel 2007,
ha prodotto una linea guida che identifica quello che in ambito di sicurezza
sul posto di lavoro si ritenuta come violenza. Si studia il fenomeno da tutti i
punti di vista. La casistica in Italia aumenta con l'aumento dell'attenzione sul
fenomeno. Da documenti redatti negli USA l’incidenza della violenza sul personale
medico e' molto elevata. La Comunità Europea e l'Agenzia Sicurezza sul Posto di
Lavoro hanno analizzato la situazione in tutti i paesi UE, l'Italia e'
leggermente in posizione superiore alla media. La violenza può essere fisica,
morale e verbale. Dai risultati sulla valutazione dei rischi la figura
professionale più interessata e' l'infermiere poi il medico, i tecnici, ... 76%
del personale ha avuto almeno un caso di violenza negli ultimi 3anni, il 67%
non denuncia l’aggressore subita dai parenti dei pazienti, pazienti, mariti di
pazienti, ... Di queste il 70% sono aggressioni fisiche, dove? Su ambulanze, in
strada, triage, ambulatorio, domicilio del paziente, ... Non c'è differenza di
aggressione fra i sessi; da statistiche i numeri di aggressione sul personale
medico femminile sono più elevati ma solo perché il numero delle infermiere è
maggiore. La maggior parte delle violenze sul personale avviene durante la
visita in pronto soccorso. Si parte dagli insulti verbali si arriva alla
violenza fisica, l’uso di armi e a volte sino alla morte. Si cerca di fare
corsi di formazione per interrompere la violenza. Molte sono le cause. Fattori
legati al paziente. Misure di prevenzione e protezione.
La
dott.ssa Suprani dirigente infermieristica dell’AUSL di Ravenna ed esponente
CNAL. Punta il dito sull’importanza dell’associazionismo in quanto c’è la volontà
di fare ciò che si crede e non si dipende da nessuno. La Suprani porta un Filmato
che mostra come poter migliorare il percorso delle donne vittime di violenza,
filmato focalizzato sul punto di vista della donna che arriva nella struttura
ospedaliera e ha a che fare con gli operatori. È stato creato assieme a Linea Rosa,
all'azienda AUSL di Ravenna e alla Regione Emilia Romagna, con il patrocinio della Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Illustra brevemente, quindi, la storia della CNAL. I punti
fondamentali sono la violenza contro le donne e la violenza e la sua
prevenzione nella sanità (gli infermieri molto sono vittime dalla violenza). Racconta
come nel 2001, il CNAL abbia presentato un’iniziativa: come affrontare la
violenza sul posto di lavoro. Nel 2007 ha invece organizzato un evento: la
relazione assistenziale con il malato difficile, che comprende anche contribuire
al progetto: violenza sulla donna in ambito sociale e lavorativo sanitario,
prevenzione presa in carico e continuità e monitoraggio. DVD e dossier “basta
poco per cambiare”.
La
dott.ssa Doretti dirigente medico responsabile del centro di coordinamento delle
vittime di violenza AUSL 9 Grosseto. Ci parla del Codice Rosa. Un progetto che
nasce come locale, diventa regionale e nell'ultimo mese e' diventato progetto
nazionale. Grosseto ha un’ottima rete provinciale anti violenza dal 2002. Si e'
cominciato con un protocollo di intesa. Dal 2003 si concentra l’attenzione
sulla violenza sulle donne. È un dovere ricordare le 100 milioni di bambine che
mancano all'appello, le mutilazioni genitali femminili, la nuova forma di
mutilazioni con pietre bollenti per deturpare il seno delle bambine, dice la
dottoressa. La violenza sulle donne non ha barriere difensive. Le donne che
muoiono per problemi legati al genere nel mondo, sono pari, ogni quattro anni, alle
vittime dell'olocausto (The Economist 2007). In Italia nel 2011 le donne uccise
sono state 193, questo ci fa capire che il femminicidio incide più della mafia.
I costi socioeconomici della violenza domestica sono altissimi, infatti, una
vittima costa moltissimo. L’AUSL 9 ha fatto un passo in dietro raccogliendo le
criticità più forti e partendo dall’assunto per cui tutte le vittime prima o
poi passano dal pronto soccorso. Nasce così la task force interistituzionale,
che ha portato ad un patto di intesa. “Fasce deboli” è un termine che non piace
a tutti ma è stato mutuato dalla Procura, ci sono sempre magistrati addestrati
per fronteggiare i casi riguardanti le fasce deboli: anziani, immigrati,
omosessuali, disabili... L’addestramento degli operatori della task force si
concentra sull’ascoltare i silenzi tra le voci. La squadra compatta è formata
da operatori socio sanitari, forze dell'ordine, sentinelle (farmacisti,
insegnanti,...), magistrati, ... A giugno 2011 viene posta in essere la delibera
495. Si è potuto vedere come del Codice Rosa, usufruiscano entrambi i sessi, in
fascia di età giovane, e la differenza è molto sottile. In 2 anni circa si
possono contare 1000 Codici Rosa. Nessuno ha più detto non e' di mia
competenza. Il libro sull’esperienza del Codice Rosa si può trovare alla libreria Feltrinelli.
Siusi
Casaccia, Presidente del Coordinamento, conclude sottolineando l’intensità nei
racconti che analizzano, da più punti di vista, uno stesso problema. Nota con
piacere la grande formazione e sviluppo dei centri anti violenza che,
inizialmente, nacquero spontaneamente proponendosi di aiutare le donne
ascoltandole; infatti la violenza ha bisogno di essere riconosciuta. Bisogna
educare a trasferire e trasformare in capacita professionale l'ascolto.
Ringrazia quanti sono intervenuti e si impegna a riproporre momenti di incontro
simili.