Il 18 settembre 2025 il Senato ospiterà un evento istituzionale volto alla presentazione del Vademecum Operativo e dell'Approccio Integrato Multiprofessionale sul "Rifiuto del Genitoriale". L'utilizzo di quest'ultima espressione andrebbe a sostituirsi a "PAS", vale a dire "Sindrome di Alienazione Parentale", una teoria elaborata negli anni '80 che allude alla possibilità che un figlio possa talvolta rifiutare un genitore – solitamente il padre – non per reali motivi quali ad esempio violenza o maltrattamenti, bensì perché l'altro genitore – solitamente la madre – lo avrebbe manipolato in questo senso.
La PAS ad oggi non ha basi scientifiche riconosciute, e in Italia la Corte di Cassazione ha chiarito come questa non abbia valore giuridico. Tuttavia questa viene spesso addotta come argomentazione in tribunale, con l'obiettivo, o comunque il risultato, di screditare le madri che denunciano violenza domestica.
Parlare quindi di "PAS" o di "Rifiuto genitoriale" è pressoché irrilevante nel momento in cui l'effetto sortito è lo stesso: la strumentalizzazione della violenza domestica, portando avanti una narrazione che deresponsabilizza l'oppressore e lede l'oppresso. Questa dinamica, quindi, non fa che esacerbare il problema della difficoltà per le donne di denunciare episodi di violenza, le quali a questo punto non solo hanno paura della stigmatizzazione, ma anche della possibilità di vedersi sottrarre i propri figli.
Cambiare etichetta non è quindi sufficiente e risulta addirittura dannoso nella misura in cui si consente ad un concetto, per di più privo di fondamenta giuridiche e scientifiche, di sopravvivere sotto mentite spoglie. La Riforma Cartabia del 2022 lo chiarisce in maniera inequivoca: di fronte a casi di violenza domestica, la tutela di madri e figli è assolutamente prioritaria.
La violenza non è semplice conflitto, come chiarisce la presidente D.i.Re Cristina Carelli, poiché la violenza è intrinsecamente asimmetrica, ossia fondata su un rapporto di potere squilibrato tra chi agisce e chi subisce. Inoltre il minore non è una pedina istituzionale da muovere all'interno di questo pericoloso schema: leggere il suo rifiuto come effetto di un conflitto e non come conseguenza di una violenza significa negare la sua esperienza e alimentare la disinformazione purtroppo già dilagante a riguardo.