Come donne italiane ci sentiamo offese e sminuite da questa inopportuna ed inconsistente "propaganda" pro fertilità
che il nostro governo, che si fregia di essere giovane, paritario, all’avanguardia e
attento agli aspetti sociali, ha diffuso nei giorni scorsi.
Ci sentiamo offese perché come al solito questa campagna ha tutti i sapori dell’ennesimo
risultato di una società patriarcale, maschilista e retrograda che non è in
grado di attuare cambiamenti dalla radice. Come si può chiedere alle donne di
fare più figli quando la gravidanza spesso dura di più di un contratto di
lavoro? Quando alle giovani donne che si presentano ai colloqui le prime
domande sono sempre allusive alla maternità e al matrimonio? Lo stesso mercato del lavoro che pare aver ancora in uso la firma delle dimissioni in bianco?
Come si può chiedere alle donne di fare più figli, se a parità di capacità e
di istruzione si fa ricadere la preferenza sui lavoratori maschi, ai quali si prospetta una carriera completa, a discapito delle donne altrettanto capaci, alludendo, inoltre, alla proprietà pubblica del loro utero?
Le statistiche ci dicono come le donne
che hanno un impiego, facendo figli, escono dal mondo del lavoro. Come devono
mantenere i loro figli? Come possono assicurare loro un’istruzione adeguata e
tutto quello che serve per una crescita serena?
Per non parlare dei servizi inesistenti, scarsi se ci sono o troppo costosi.
E ancora di un aspetto non
meno importante: le donne hanno il diritto di autodeterminarsi ed in Italia
sembrano dimenticarsene, molti e umilianti ostacoli si incontrano nell’applicazione
della legge 194 sull’aborto, che ne rendono quasi impossibile l’applicazione.
Come al solito si chiede alle
donne italiane l’impossibile e non si parte dal vero problema presente in
Italia: bisogna partire dal mercato del lavoro, bisogna renderlo paritario e
uguale per tutti senza distinzione di sesso. Bisogna prima assicurare alle
donne diritti e servizi senza i quali tutto diventa impossibile. Bisogna
responsabilizzare gli uomini alla condivisione del lavoro di cura e introdurre un'educazione su questo tema già dalle elementari. E forse
allora si potranno fare campagne responsabili e sensate sulla famiglia e sulla maternità.