La Lobby Europea delle Donne/EWL rappresenta oggi, a venti anni dalla sua nascita, la più
grande coalizione di organizzazioni non governative, movimenti, gruppi
femministi e femminili dell’Unione Europea. Aderiscono infatti a questa più di
2000 associazioni dislocate in Stati membri e candidati per l'adesione all'UE.
Il Coordinamento italiano della Lobby Europea delle Donne/LEF Italia
rappresenta l'Italia nel Consiglio di Amministrazione della Lobby Europea delle
Donne, essendone membro a pieno titolo e facendo parte del nucleo istitutivo
della Lobby Europea stessa.
EWL concepisce una società in cui ogni donna veda riconosciuto il
proprio contributo sociale e umano, il proprio ruolo nel mondo del lavoro e la
propria specificità nell'ambito dell'assistenza socio-sanitaria; una società in
cui ogni donna si senta sicura di sé, sia dotata di libertà di scelta e libera
da violenza e sfruttamento; una società in cui nessuna donna sia
lasciata sola o indietro. LEF Italia ha adottato la visione e la mission della
Lobby Europea e dal 1994 si impegna a portare le istanze femministe europee
all'attenzione della società e delle istituzioni italiane. Il network di LEF
Italia comprende 16 Associazioni che
operano nei diversi campi d'azione finalizzati alla tutela e all'avanzamento
della donna nella società italiana.
Nascita della Lobby Europea delle Donne
La Lobby Europea delle Donne nasce nel 1990 grazie all'iniziativa di alcuni coordinamenti femminili dislocati in diversi stati europei ed al supporto della Commissione Europea. La sua fondazione è il risultato della
grande lungimiranza e tempestività politica di alcune donne, tra cui Fausta
Deshormes, Jacqueline de Groote e Liliana Richetta, le quali, anticipando le
politiche di mainstreaming di Pechino, avevano capito che non si poteva andare
oltre con le proteste generalizzate nella rivendicazione e nel riconoscimento
dei diritti più elementari, ma che bisognava imparare ad usare il linguaggio
della politica ed esprimere in termini chiari la volontà di costruire assieme
agli uomini una nuova società. La vera novità della Lobby sta proprio nell’aver
trasformato la questione femminile in politica di genere, nell’ averla inserita
nell’ordine del giorno della politica europea, facendola divenire uno degli
obiettivi prioritari dell’azione dell’Unione Europea. Questa strategia
innovativa è stata, per così dire, facilitata in quegli stessi anni dal
parallelo estendersi e consolidarsi del raggio di attività della stessa
Comunità Europea che si stava ampliando, raggiungendo settori che avevano un
impatto diretto sulla vita giornaliera delle donne, soprattutto con l’arrivo
del mercato unico. Inoltre diventava sempre più importante ed urgente la
partecipazione ai nuovi programmi stabiliti dall’Unione stessa e la conoscenza
della legislazione che via via veniva approvata a quei livelli e che avrebbe
dovuto essere acquisita negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Le
donne sentirono, in altre parole, la necessità di essere informate e di
informare sulle misure in fatto di pari opportunità relative al mercato del
lavoro per poterne usufruire e beneficiare degli aspetti positivi. E’ il caso
delle direttive comunitarie e delle sentenze della Corte di Giustizia in merito
alla parità salariale. La fondazione e lo sviluppo di una tale coalizione
corrispose, oltre al desiderio di far sentire attivamente la propria voce nella
costruzione dell’Europa, a particolari caratteristiche del processo decisionale
a livello europeo che dava e dà spazio tuttora alla creazione di molte
organizzazioni fondate con lo scopo esclusivo di rappresentare gruppi di
interesse o categorie, compresi svariati settori economici, sindacati, ordini
professionali, giovani, disabili e così via. L’Unione Europea incoraggiò,
quindi, questo fenomeno, concedendo dei finanziamenti, poiché rispondeva ad un
bisogno reale delle stesse istituzioni europee Infatti, contrariamente a quanto
si pensa, il numero dei funzionari europei è relativamente basso per cui esiste
spesso, nel percorso di redazione della normativa, l’esigenza di avvalersi di
esperti sulle questioni in oggetto al fine di ovviare alle diversità esistenti
tra gli ordinamenti giuridici e tra le popolazione degli Stati aderenti.
Cos'è una Lobby?
Perché la scelta di un termine quale Lobby che evocava ed evoca, soprattutto e non solo nel nostro Paese, un certo potere nascosto legato ad affari spesso illegali di carattere finanziario e di conseguenza con un forte connotato maschile? Alla fine degli anni '80 non furono certo queste l’idea e le intenzioni che indussero le fondatrici a preferire la parola Lobby piuttosto che Forum, bensì l’osservazione di una certa pratica in uso tra le associazioni statunitensi per l’affermazione ed il soddisfacimento reale degli interessi di specifici gruppi sociali. Il termine Lobby esprimeva ed esprime ciò per cui è stato scelto e cioè la necessità di influenzare e far pressione sulle istituzioni politiche europee e nazionali.
Perchè una Lobby Europea delle Donne?
Tre sono stati gli elementi innovativi
sostanziali, introdotti con la fondazione della Lobby. In primo luogo
l’affermazione del concetto di piattaforma che implica la costruzione di una
base minima di priorità su cui si indirizza il consenso dei suoi membri scevro
da ogni condizionamento ideologico. In secondo luogo, l’aver insegnato alle
organizzazioni aderenti ed alle singole donne che le hanno rappresentate a
saper cogliere le priorità, ad analizzarle ed a tradurle in linguaggio e
strategia politica. In altre parole, l’azione di lobbying per l’inserimento
delle questioni di genere in tutti gli ambiti della vita civile e sociale
(mainstreaming) implica alcuni importanti elementi. Innanzitutto l’esistenza di
una posizione chiara e definita su questioni date (piattaforma), in favore
della quale sviluppare quegli argomenti che servano a convincere i responsabili
politici, ma che necessariamente non corrispondono alle argomentazioni
femminili (strategia e linguaggio politico). Più esplicitamente, parlando di
violenza, è più convincente sottolinearne, cifre alla mano, i costi economici
piuttosto che la violazione in termini di diritti umani. Infine, il terzo ed
ultimo elemento di novità consiste nell’aver contribuito all’evoluzione ed allo
sviluppo del dialogo civile a livello europeo, ponendosi soprattutto in maniera
propositiva e non solo consultiva nei riguardi delle diverse istituzioni,
partecipando, così, al difficile cammino verso la concretizzazione di una nuova
società nella quale non vi sia più posto per vecchi stereotipi, ma dove donne e
uomini siano liberi di estrinsecare la propria personalità.
Il ruolo della Lobby Europea delle Donne oggi
La Lobby Europea delle Donne nasce nel 1990 grazie all'iniziativa di alcuni coordinamenti femminili dislocati in diversi stati europei ed al supporto della Commissione Europea. La sua fondazione è il risultato della
grande lungimiranza e tempestività politica di alcune donne, tra cui Fausta
Deshormes, Jacqueline de Groote e Liliana Richetta, le quali, anticipando le
politiche di mainstreaming di Pechino, avevano capito che non si poteva andare
oltre con le proteste generalizzate nella rivendicazione e nel riconoscimento
dei diritti più elementari, ma che bisognava imparare ad usare il linguaggio
della politica ed esprimere in termini chiari la volontà di costruire assieme
agli uomini una nuova società. La vera novità della Lobby sta proprio nell’aver
trasformato la questione femminile in politica di genere, nell’ averla inserita
nell’ordine del giorno della politica europea, facendola divenire uno degli
obiettivi prioritari dell’azione dell’Unione Europea. Questa strategia
innovativa è stata, per così dire, facilitata in quegli stessi anni dal
parallelo estendersi e consolidarsi del raggio di attività della stessa
Comunità Europea che si stava ampliando, raggiungendo settori che avevano un
impatto diretto sulla vita giornaliera delle donne, soprattutto con l’arrivo
del mercato unico. Inoltre diventava sempre più importante ed urgente la
partecipazione ai nuovi programmi stabiliti dall’Unione stessa e la conoscenza
della legislazione che via via veniva approvata a quei livelli e che avrebbe
dovuto essere acquisita negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Le
donne sentirono, in altre parole, la necessità di essere informate e di
informare sulle misure in fatto di pari opportunità relative al mercato del
lavoro per poterne usufruire e beneficiare degli aspetti positivi. E’ il caso
delle direttive comunitarie e delle sentenze della Corte di Giustizia in merito
alla parità salariale. La fondazione e lo sviluppo di una tale coalizione
corrispose, oltre al desiderio di far sentire attivamente la propria voce nella
costruzione dell’Europa, a particolari caratteristiche del processo decisionale
a livello europeo che dava e dà spazio tuttora alla creazione di molte
organizzazioni fondate con lo scopo esclusivo di rappresentare gruppi di
interesse o categorie, compresi svariati settori economici, sindacati, ordini
professionali, giovani, disabili e così via. L’Unione Europea incoraggiò,
quindi, questo fenomeno, concedendo dei finanziamenti, poiché rispondeva ad un
bisogno reale delle stesse istituzioni europee Infatti, contrariamente a quanto
si pensa, il numero dei funzionari europei è relativamente basso per cui esiste
spesso, nel percorso di redazione della normativa, l’esigenza di avvalersi di
esperti sulle questioni in oggetto al fine di ovviare alle diversità esistenti
tra gli ordinamenti giuridici e tra le popolazione degli Stati aderenti.
Cos'è una Lobby?
Perché la scelta di un termine quale Lobby che evocava ed evoca, soprattutto e non solo nel nostro Paese, un certo potere nascosto legato ad affari spesso illegali di carattere finanziario e di conseguenza con un forte connotato maschile? Alla fine degli anni '80 non furono certo queste l’idea e le intenzioni che indussero le fondatrici a preferire la parola Lobby piuttosto che Forum, bensì l’osservazione di una certa pratica in uso tra le associazioni statunitensi per l’affermazione ed il soddisfacimento reale degli interessi di specifici gruppi sociali. Il termine Lobby esprimeva ed esprime ciò per cui è stato scelto e cioè la necessità di influenzare e far pressione sulle istituzioni politiche europee e nazionali.
Perchè una Lobby Europea delle Donne?
Tre sono stati gli elementi innovativi
sostanziali, introdotti con la fondazione della Lobby. In primo luogo
l’affermazione del concetto di piattaforma che implica la costruzione di una
base minima di priorità su cui si indirizza il consenso dei suoi membri scevro
da ogni condizionamento ideologico. In secondo luogo, l’aver insegnato alle
organizzazioni aderenti ed alle singole donne che le hanno rappresentate a
saper cogliere le priorità, ad analizzarle ed a tradurle in linguaggio e
strategia politica. In altre parole, l’azione di lobbying per l’inserimento
delle questioni di genere in tutti gli ambiti della vita civile e sociale
(mainstreaming) implica alcuni importanti elementi. Innanzitutto l’esistenza di
una posizione chiara e definita su questioni date (piattaforma), in favore
della quale sviluppare quegli argomenti che servano a convincere i responsabili
politici, ma che necessariamente non corrispondono alle argomentazioni
femminili (strategia e linguaggio politico). Più esplicitamente, parlando di
violenza, è più convincente sottolinearne, cifre alla mano, i costi economici
piuttosto che la violazione in termini di diritti umani. Infine, il terzo ed
ultimo elemento di novità consiste nell’aver contribuito all’evoluzione ed allo
sviluppo del dialogo civile a livello europeo, ponendosi soprattutto in maniera
propositiva e non solo consultiva nei riguardi delle diverse istituzioni,
partecipando, così, al difficile cammino verso la concretizzazione di una nuova
società nella quale non vi sia più posto per vecchi stereotipi, ma dove donne e
uomini siano liberi di estrinsecare la propria personalità.
Il ruolo della Lobby Europea delle Donne oggi
Il dialogo
sociale tra cittadine ed istituzioni si avvale sempre di più dell’esperienza e
della professionalità sia delle associazioni femminili che della Lobby stessa,
dando in questo modo legittimità alla normativa giuridica e ponendosi come
strumento di costruzione di una cittadinanza europea, rafforzandone l’elemento
di rappresentatività. In sintesi, la Lobby si è trasformata in uno strumento di
rafforzamento della democrazia rappresentativa. La Lobby Europea delle Donne è
stata dotata di una struttura che le permettesse di rappresentare più
associazioni o movimenti di donne possibili ed assicurare la trasparenza e la
democraticità del processo decisionale e delle procedure di comunicazione al suo
interno.
Nei venti anni trascorsi oramai dalla sua fondazione, il percorso
della Lobby si è andato ampliando in parallelo alla progressiva
comunitarizzazione delle politiche fra cui quelle sociali ed in materia di
occupazione dei singoli Stati membri.La sua
strategia e l’impegno profuso dalle organizzazioni aderenti hanno contribuito
concretamente all’adozione da parte delle istituzioni dell’Unione del già
menzionato principio di mainstreaming.
Negli articoli 2 e 3 del Trattato di Amsterdam (1997) La Lobby ha, quindi, messo l’accento sulla violenza con la creazione del Centro Politico Europeo per la Lotta alla Violenza contro le Donne e con l’annesso Osservatorio composto da esperte nazionali con il compito di raccogliere dati e suggerire azioni atte a sradicare tutte le angolazioni di questa piaga tuttora presente in tutti gli strati della nostra società, come dimostrato nella prima ricerca statistica compiuta in materia di violenza domestica e presentata alla Conferenza Europea di Colonia nel 1999. L’analisi della situazione in merito alle violazioni dei diritti non è stata indirizzata esclusivamente alle donne europee, ma ha coinvolto anche tutte quelle donne che non avendone la cittadinanza, sono presenti sul territorio dell’ Unione e che per semplificazione sono indicate con il termine migranti. Si è infatti indagato sulla massiccia presenza di queste su di un mercato del lavoro, che essendo più informale che formale, le rende oggetto di discriminazioni multiple e facile preda di traffici illeciti, evidenziando la necessità di quelle politiche e misure mirate, oggi in via di attuazione a livelli nazionali. La promozione della Rete delle Giovani Donne con le sue 15 coordinatrici nazionali tra i 18 ed i 30 anni e la Guida da esse redatta, all’ingresso del secondo millennio indicano, ancora una volta, la capacità di affrontare problematiche diverse e la volontà di coinvolgere le nuove generazioni lasciando piena libertà di scelta delle tematiche su cui rivolgere l’azione politica.L’arrivo del 2000 ha portato con sé nuove sfide che pur riguardando le strategie di mainstreaming nell’ambito delle istituzioni e delle politiche europee, toccano questioni difficili di carattere meramente femminile e non, quali: l’accresciuta violenza verso le donne sotto forma di prostituzione e di traffico, ed i diritti legati alla riproduzione ed alla bioetica, ma anche questioni inerenti all’evoluzione dell’Unione Europea stessa, che oltre alla Politica Sociale l'occupazione e l'immigrazione, toccano la globalizzazione, la crisi economica mondiale, la politica estera e di sviluppo della UE. Queste ultime sfide estremamente complicate e spinose da affrontare, richiedono ancora una volta quella tempestività e lungimiranza politica che hanno ispirato le fondatrici, ma anche la capacità e la volontà di lasciar da parte, soprattutto nei nazionali, particolarismi e competitività negative che rappresentano la fine di ogni tentativo di messa in atto di un’effettiva strategia politica. Rafforzare i coordinamenti nazionali, non significa mettersi in competizione con altre associazioni o movimenti invadendone gli ambiti, ma significa fare un significativo passo in avanti verso la costruzione di un’Europa paritaria.
Negli articoli 2 e 3 del Trattato di Amsterdam (1997) La Lobby ha, quindi, messo l’accento sulla violenza con la creazione del Centro Politico Europeo per la Lotta alla Violenza contro le Donne e con l’annesso Osservatorio composto da esperte nazionali con il compito di raccogliere dati e suggerire azioni atte a sradicare tutte le angolazioni di questa piaga tuttora presente in tutti gli strati della nostra società, come dimostrato nella prima ricerca statistica compiuta in materia di violenza domestica e presentata alla Conferenza Europea di Colonia nel 1999. L’analisi della situazione in merito alle violazioni dei diritti non è stata indirizzata esclusivamente alle donne europee, ma ha coinvolto anche tutte quelle donne che non avendone la cittadinanza, sono presenti sul territorio dell’ Unione e che per semplificazione sono indicate con il termine migranti. Si è infatti indagato sulla massiccia presenza di queste su di un mercato del lavoro, che essendo più informale che formale, le rende oggetto di discriminazioni multiple e facile preda di traffici illeciti, evidenziando la necessità di quelle politiche e misure mirate, oggi in via di attuazione a livelli nazionali. La promozione della Rete delle Giovani Donne con le sue 15 coordinatrici nazionali tra i 18 ed i 30 anni e la Guida da esse redatta, all’ingresso del secondo millennio indicano, ancora una volta, la capacità di affrontare problematiche diverse e la volontà di coinvolgere le nuove generazioni lasciando piena libertà di scelta delle tematiche su cui rivolgere l’azione politica.L’arrivo del 2000 ha portato con sé nuove sfide che pur riguardando le strategie di mainstreaming nell’ambito delle istituzioni e delle politiche europee, toccano questioni difficili di carattere meramente femminile e non, quali: l’accresciuta violenza verso le donne sotto forma di prostituzione e di traffico, ed i diritti legati alla riproduzione ed alla bioetica, ma anche questioni inerenti all’evoluzione dell’Unione Europea stessa, che oltre alla Politica Sociale l'occupazione e l'immigrazione, toccano la globalizzazione, la crisi economica mondiale, la politica estera e di sviluppo della UE. Queste ultime sfide estremamente complicate e spinose da affrontare, richiedono ancora una volta quella tempestività e lungimiranza politica che hanno ispirato le fondatrici, ma anche la capacità e la volontà di lasciar da parte, soprattutto nei nazionali, particolarismi e competitività negative che rappresentano la fine di ogni tentativo di messa in atto di un’effettiva strategia politica. Rafforzare i coordinamenti nazionali, non significa mettersi in competizione con altre associazioni o movimenti invadendone gli ambiti, ma significa fare un significativo passo in avanti verso la costruzione di un’Europa paritaria.