Ancora una volta il mondo si
prepara a celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della
violenza sulle donne (25 novembre) e ancora una volta i fatti di cronaca, in
Italia, ci impongono di guardare in faccia alla cruda realtà: l’atroce
femminicidio di Giulia!
Giulia, una giovane laureanda in
ingegneria, una ragazza con tutta la vita davanti, indipendente, intelligente,
con sogni e traguardi da raggiungere, uccisa dal suo ragazzo. L’83esima donna
che si è spenta in questo anno, in Italia, per mano di un uomo a cui voleva
bene e che le prometteva amore e rispetto.
Questo evento ci deve interrogare
tutte e tutti, deve farci capire che ognuno di noi ha delle responsabilità,
deve far crescere nelle nostre coscienze e nella coscienza collettiva
l’indignazione di fronte agli atti di violenza continua e sempre più efferata
degli uomini nei confronti delle donne.
Tutti siamo, dunque, chiamati in
causa: singoli individui, famiglie, istituzioni, scuola, governo, politica, …
Dobbiamo avere il coraggio di mettere
in pratica il “dire basta!”
La società italiana, a tutti i
livelli, è ancora troppo fortemente impregnata del sentimento maschilista e si
basa, prevalentemente, su principi retrogradi. È una società che mortifica
troppo spesso le donne usando diverse modalità di sottomissione e umiliazione
(violenze fisiche e verbali, isolamento, impossibilità di lavorare o di fare
carriera, gap salariale, possessione e sensi di colpa, machismo, sfruttamento
del corpo della donna, …) mettendole sempre in una posizione subalterna.
La stessa società che ancora una
volta responsabilizza e colpevolizza solo le donne, le relega in una posizione
gregaria, le considera capaci di ricoprire solo alcune mansioni e di essere
responsabili solo in alcuni ambiti della vita. Diversamente da quanto fa per
gli uomini, per i quali è lecito decidere, sentirsi superiori, possedere una
donna, decidere della sua vita e che, se non ascoltati o respinti, possono
diventare violenti, aguzzini fino ad arrivare al femminicidio.
La lunga e difficile strada verso
l’affermazione dell’indipendenza, che le donne percorrono ormai da molti anni,
le ha rese più forti, più determinate, più istruite, più caparbie, più
realiste, predisposte al cambiamento, più libere di pensare a molteplici
scenari per la loro vita, più inclini a prendere decisioni mettendo al centro
loro stesse, più predisposte al cambiamento, più critiche verso la realtà
circostante. Intanto molti uomini sembrano rimasti fermi a principi che non
corrispondono più alla realtà, questo li porta ad essere insicuri, impreparati
ad affrontare il cambiamento, inadeguati al dialogo con le donne, incapaci di
comprendere i profondi passi in avanti fatti da queste.
Siamo di fronte alla necessità di
un cambiamento rapido e profondo, capace di invertire la realtà che siamo
costrette/costretti a subire giorno dopo giorno. Dobbiamo, singolarmente ed
insieme, chiedere che ognuno faccia la sua parte, che ci siano leggi certe e
sicure, attività di formazione a tutti i livelli, pari opportunità nel mondo
della formazione e del lavoro, un bilanciamento adeguato nel lavoro di cura, un
uso corretto del linguaggio, un insegnamento appropriato all’uso del linguaggio
e del vivere insieme, …
Dobbiamo far crescere le nuove
generazioni in una società in cui sia normale il rispetto reciproco, l’uguaglianza,
la dignità delle persone, in cui prevalga il diritto, e la giustizia sull’abuso,
sulla violenza, sull’offesa, sull’aggressione, sul femminicidio. Lo dobbiamo a
tutte quelle donne violentate, sfruttate, perseguitate, uccise, sopravvissute
in tutto il mondo.
Ecco perché la Lobby Europea
delle Donne e la Lef-Italia lavorano a che venga approvata in questa
legislatura europea la Direttiva sulla violenza domestica e la violenza contro
le donne