giovedì 2 ottobre 2025

AGORA Summer Camp 2025: l'esperienza di Michelle Antoinette Modica



Dall'8 al 12 settembre 2025 si è tenuto a Bruxelles l’AGORA Summer Camp, organizzato  dalla European Women’s Lobby (EWL).  L’iniziativa ha riunito giovani femministe provenienti da tutta Europa, attive in ambiti  professionali eterogenei — giurisprudenza, giornalismo, scienze sociali, medicina,  educazione, arti — con l’obiettivo di consolidare una rete transnazionale e di elaborare  strategie condivise contro la violenza di genere e per l’avanzamento delle pari opportunità. 

L’evento si è configurato non soltanto come un’esperienza formativa, ma come un vero e  proprio laboratorio politico, culturale e umano: un crocevia di idee, pratiche e visioni in  grado di generare nuova energia collettiva. La dimensione della sorellanza è emersa  quale elemento distintivo: la condivisione di esperienze, prospettive e strumenti ha reso  evidente come la forza del femminismo europeo risieda nella capacità di unire voci diverse  verso un obiettivo comune. 





8 settembre – Incontro conoscitivo e costruzione dello spazio  comune 

La giornata inaugurale è stata dedicata alla creazione di un safe space fondato su principi  di rispetto reciproco, ascolto, inclusività e riservatezza.  Sono stati condivisi i valori che avrebbero guidato l’intero percorso: riconoscimento delle  differenze come risorsa, responsabilità collettiva e impegno alla solidarietà. 

Le partecipanti hanno espresso obiettivi, paure e aspettative, tracciando un quadro  variegato di motivazioni e speranze. In questo contesto, la vulnerabilità si è trasformata in  elemento generativo: il confronto aperto ha consolidato la fiducia reciproca e ha posto le  basi per un senso di appartenenza comune.  La diversità di esperienze, lungi dal costituire un ostacolo, ha ampliato lo sguardo,  favorendo un approccio realmente europeo e inclusivo.




9 settembre – Politiche EWL, istituzioni europee, advocacy, donne  migranti, autodifesa 

Il secondo giorno è stato dedicato all’approfondimento delle priorità politiche della  European Women’s Lobby, dei quadri istituzionali dell’Unione europea e delle pratiche di  advocacy strategica.  L’analisi del contesto politico attuale ha evidenziato sfide complesse ma anche opportunità  significative per rafforzare l’influenza delle donne nei processi decisionali. 

Particolarmente rilevante è stato l’intervento di Frohar Poya e Sodfa Daaji del European  Network of Migrant Women, che hanno descritto con precisione le difficoltà affrontate dalle  donne migranti: mancato riconoscimento delle qualifiche, discriminazioni etniche,  precarietà economica, assenza di sussidi, nonché frequenti episodi di violenza di genere.  È emersa con forza la necessità di un femminismo realmente intersezionale, capace di  includere istanze spesso marginalizzate. 

Il pomeriggio è stato arricchito da una sessione di autodifesa personale guidata da Paula  Ciortan, che ha coniugato pratica fisica e consapevolezza corporea.  Tale attività ha rappresentato un esercizio di empowerment, dimostrando come la forza  del movimento femminista risieda tanto nell’elaborazione teorica quanto nella capacità di  incarnare sicurezza e autodeterminazione. 

   

10 settembre – Strutture istituzionali, Gender Equality Strategy,  EIGE, RoSA Library 

La terza giornata è stata dedicata allo studio della struttura istituzionale europea in materia  di giustizia e pari opportunità.  La DG Justice and Consumers ha presentato la Strategia per l’uguaglianza di genere,  mentre Sarah Cooke O’Dowd e Victoire Olczak hanno illustrato le attività dell’EIGE  (European Institute for Gender Equality), che produce dati comparativi e strumenti  fondamentali come il Gender Equality Index.  La raccolta e l’analisi dei dati si sono rivelate cruciali per fornire basi scientifiche alle  politiche, trasformando le istanze femministe da rivendicazioni percepite come opinioni a  richieste fondate su evidenze oggettive. 

Il pomeriggio è proseguito con la visita alla RoSA Library, centro di documentazione  femminista di Bruxelles.  Tra archivi storici e materiali culturali, è emerso il valore della memoria come radice del  cambiamento.  

La RoSA Library ha dimostrato come la continuità storica delle lotte femministe costituisca  un patrimonio indispensabile per progettare il futuro.



11 settembre – Workshop delle partecipanti 

La quarta giornata è stata interamente dedicata ai workshop guidati dalle partecipanti,  occasione di scambio e produzione collettiva. 

Un intervento è stato dedicato al tema “Strategie educative e comunitarie per il contrasto  della violenza di genere sin dall’infanzia”.  È stato presentato un questionario/worksheet che ha stimolato un confronto sulle strategie  ritenute più efficaci: programmi scolastici, laboratori comunitari, peer education,  formazione per genitori, pratiche artistiche e narrative.  I risultati hanno confermato la necessità di un approccio integrato e multilivello, basato  sulla cooperazione tra scuole, famiglie, associazioni e istituzioni. 

A conclusione del lavoro, le partecipanti sono state invitate a comporre una breve poesia  dedicata a figure femminili ispiratrici.  L’attività ha mostrato come la creatività possa farsi strumento politico e di consapevolezza  collettiva, fondendo riflessione critica e dimensione artistica. 

Il discorso introduttivo alla sessione ha sottolineato che: “Contrastare la violenza di genere significa partire dall’inizio, dall’infanzia. È nei primi anni  di vita che si formano le categorie con cui guardiamo il mondo: rispetto, parità e consenso  non sono nozioni da acquisire in età adulta, ma semi da piantare sin da bambini.  Le statistiche europee mostrano che i programmi educativi mirati riducono episodi di  bullismo, discriminazione e violenza.  La violenza non è una fatalità: è una costruzione sociale, e come tale può essere  decostruita.  

La responsabilità collettiva è quella di coltivare nuove generazioni capaci di riconoscere  la dignità altrui e di crescere senza paura.” 

Parallelamente, Muminah Koleoso ha sviluppato un’analisi sulla parità di genere in ambito  letterario e culturale, evidenziando il ruolo della narrazione e della produzione artistica  nella ridefinizione dei canoni e nella valorizzazione di figure femminili escluse o  marginalizzate dalla storia ufficiale. 

L’intera sessione ha evidenziato come l’educazione e la cultura possano costituire  strumenti decisivi di prevenzione e di trasformazione sociale, confermando che la lotta  alla violenza di genere richiede non solo resistenza ma anche capacità creativa e  propositiva

          

12 settembre – Conclusione, future feminist self, manifesto wall


La giornata conclusiva è stata dedicata a un momento di restituzione collettiva.  Le partecipanti hanno condiviso emozioni, apprendimenti e prospettive future, lavorando  sul concetto di “future feminist self”, ossia la proiezione del proprio ruolo di attiviste negli  anni a venire.

È stato inoltre realizzato un manifesto wall, ricco di slogan, parole chiave e impegni,  simbolo concreto della rete costruita durante il Summer Camp.  Tale esperienza ha reso evidente che l’evento non rappresentava una chiusura, ma  piuttosto un punto di partenza: l’inizio di un percorso comune destinato a proseguire nei  diversi contesti nazionali e locali. 



Conclusioni 

L’AGORA 2025 Summer Camp si è configurato come un’esperienza ad alta intensità  politica e culturale, capace di coniugare formazione istituzionale, pratiche comunitarie e  produzione creativa.  Ha evidenziato che la costruzione di un futuro egualitario richiede strumenti concreti, dati  affidabili, memoria storica e soprattutto coesione. 

La dimensione della sorellanza, emersa con forza in ogni fase del percorso, ha dimostrato  che il cambiamento non può essere frutto di azioni isolate, ma nasce dall’unione di intenti,  dallo scambio di prospettive e dallo spirito di iniziativa condiviso.  L’esperienza di Bruxelles ha posto le basi per rafforzare reti transnazionali di attivismo,  capaci di incidere nei diversi contesti locali e di alimentare un movimento femminista  europeo più forte, consapevole e incisivo. 

Trovarmi immersa in un gruppo di giovani donne provenienti da diversi Paesi europei, tutte  animate da un forte impegno femminista, è stata un’esperienza che mi ha toccata nel  profondo: ho percepito un’energia potente, fatta di ascolto, coraggio e visioni comuni, che  mi ha dato la sensazione concreta di non essere sola in questa battaglia, ma parte di una  forza collettiva capace di generare cambiamento. 




(Michelle Antoinette Modica)






mercoledì 1 ottobre 2025

Massacro del Circeo: riflessioni a 50 anni dall'accaduto




Tra il 29 e il 30 settembre 1975 si consumò un evento tanto drammatico quanto simbolico, in grado di rappresentare una cesura netta nella storia femminile italiana. Si tratta del Massacro del Circeo, che vide due giovani ragazze, Rosaria Lopez (19 anni) e Donatella Colasanti (17 anni), sequestrate e sottoposte a circa 36 ore di violenza e stupro da parte di 3 ragazzi: Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira. Rosaria non riuscì a salvarsi e venne uccisa, mentre Donatella si finse morta per poter scampare agli aggressori, riuscendo poi a fornire testimonianze che furono decisive per poter ricostruire l'accaduto con precisione.

La copertura mediatica degli abusi subiti dalle due ragazze si rivelò lo specchio di un sentire collettivo sulla questione di genere che, a distanza di mezzo secolo, continua a persistere. Gli aggressori, appartenenti a famiglie agiate di Roma, furono descritti come “pazzi” o “mostri”, figure patologiche ed eccezionali, così da deresponsabilizzarli e oscurare la dimensione sistemica della violenza. Parallelamente, le vittime furono accusate di aver abbandonato il “focolare” e di aver tradito le proprie virtù, legittimando stereotipi e alimentando una narrazione che tende a normalizzare la violenza e a ostacolare l’accesso alla giustizia.

Il Massacro del Circeo, anche e soprattutto grazie alla mobilitazione femminista, riuscì a entrare nella memoria collettiva della nazione, avviando un processo che portò, come principale risultato, a una ridefinizione giurisprudenziale del concetto di stupro. Fino ad allora, infatti, lo stupro era considerato non come un danno fisico subito dalla persona offesa, bensì come un’offesa morale. Tale impostazione rifletteva un sessismo strutturale che de-personificava la donna, privandola della propria individualità e riducendola a un ruolo relazionale: madre di, sorella di, moglie di, ma mai individuo a sé stante. Di conseguenza, la violenza sessuale non veniva riconosciuta come un’offesa alla donna in quanto persona, bensì come una lesione all’onore e alla morale del nucleo familiare di appartenenza. 

I movimenti femministi si impegnarono duramente in una lotta contro il rilegare lo stupro alla sfera degli eventi "eccezionali", sottolineando quanto in realtà si trattasse del prodotto diretto di una dinamica di potere profondamente squilibrata. La coscientizzazione del pubblico italiano da parte delle associazioni femministe e dell’avvocata Tina Lagostena Bassi, in seguito a capo della delegazione ufficiale alla Conferenza di Pechino del 1995, portarono il tema della violenza di genere sull’agenda politica nazionale, internazionale ed europea. A questo proposito ricordiamo la riforma 66 del 1996, la quale mise in evidenza quanto i reati di violenza sessuale non dovessero essere considerati come un’offesa alla moralità pubblica o al cosiddetto buon costume, ma come una violazione di un bene fondamentale e inalienabile: la libertà personale. Si diede poi vita all’iniziativa Daphne, divenuta poi programma ed infine progetto, che ebbe soprattutto il merito di mettere in rete le organizzazioni che lavoravano con le vittime di violenza, raccogliere dati e scambiare buone prassi. Seguirono poi altri programmi di azione comunitaria, road maps e strategie sino ad arrivare alla Direttiva 2024/1385 sulla violenza domestica e la violenza contro le donne del 14 maggio 2024. 

La memoria di Donatella, di Rosaria e di tutte le vittime che le hanno tristemente seguite non è soltanto un monito, ma un richiamo costante alla necessità di contrastare le radici culturali e sociali della violenza di genere. La loro storia ci ricorda che i progressi legislativi, pur fondamentali, non bastano se non accompagnati da un cambiamento profondo nelle narrazioni mediatiche e nei rapporti di potere che ancora oggi continuano a perpetuare disuguaglianze e ingiustizie.